MANDO SAENZ (Studebaker)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  26/07/2013
    

I’ve been happy, I’ve been sad, I’ve been lucky, I’ve been unlucky. Maybe I’m just getting to the age where I feel more comfortable talking, indirectly, about what I’ve been through”, l’esemplificazione di chi lavorando ‘sul campo della strada’ (Texas, Nashville e il Messico dove Mando Saenz è nato, a San Luis Potosi) tende a modificare sempre la realtà osservata, e come 5 anni fa per Bucket e nel gioiello di Watertown (annata 2005), Studebaker tira fuori l’anima dalle radici melodiche texane, le spreme insieme ai colori della provincia riducendola all’essenza sullo scenario dei melanconici tratti vocali che contraddistinguono i dischi di Mando Saenz.
Studebaker riesce a catturare tutto questo, “I felt like I was back in Houston or somewhere in Texas, where I recorded my first album,” dice Mando. “It felt far away from Nashville. I’m not knocking Nashville. It was just a nice change for me” su campi lunghi, terreno di un suono elettrico ben equilibrato tra country, americana e rock, si spalma il piacevole brio di Breakaway Speed (ospite Kim Richey e c’è anche Bobby Bare, Jr) e Battle Scar a porre l’accento su elementi che rivelano il tempo a spirale dell’americana e quello ciclico del country/rock.
Quello che spinge da dietro Studebaker donando spessore alla florida, luccicante bellezza di The Road I'm On, Bottle into Gold e Pocket Change (“I’ve been playing ‘Pocket Change’ for a few years now. One of the reasons I decided to call the album ‘Studebaker’ is people ask at shows, ‘Hey, what album is that Studebaker song on?’”) stabilendo anche una relazione con John Ford, mobile e sfuggente come il vento del West nella percezione della splendida Colorado, diventando metafora storica tra luoghi vuoti dove l’occhio è libero di correre senza timore d’imbattersi in ostacoli (quelli di Hard Time Tennessee).
C’è spazio per uno swing leggero, ma solo nelle melodia, in Tall Grass (“It’s kind of a criminal element”) e il tempo delle ballate legato all’amore, dentro il quale si nutrono They Don't Make 'Em Like Your Anymore, Sweet Marie, Nobody e la conclusiva Smiles at the Door. Nascosto dietro lo scorrere delle cose si avverte il tocco leggero, ma comunque costante, di Mando Saenz.