Musica che dialoga con la materia del blues, la band di Boston la spoglia di ogni ornamento mentre si spinge nel profondo delta del mississippi, l’armonica ne ritrae la pesantezza e la grinzosità, la slide guitar ne legge la decadenza e il detoriamento. In questo senso l’inizio di
Undertow è accecante, in
Do That Thing la nettezza dei tratti alle corde di Jim Chilson si contrappone diametralmente allo sfocamento dell’armonica di Jay Scheffler, i
Ten Foot Polecats attorno a questo semplice gioco relazionale disperdono
Undertow.
Paesaggio di un mondo alle comuni coordinate del reale si specchia nella bellezza di
Lost At Sea, e probabilmente è la materia stessa della sua vita e dà ad
Undertow il suo tratto migliore, scava con la splendida jam alla chitarra di
Out In The Rain fino a scoprire l’armonia, in direzione di una ricerca che ne anima la piatta coscienza nella limpida
Worried Sick. I
Ten Foot Polecats increspano emozioni e sentimenti trovati con disponibile stordimento nello spazio strumentale degli 8 minuti di
Undertow, il trio di Boston continua ad ancorare alle parole temi e contenuti di un blues ruvido e sporco, la prospettiva non cambia in
Prescription e
Shibble, continuano a mettere in rilievo l’energia digregatrice della chitarra di Chilson e il potenziale vocale di Jay Scheffler.
Ma sotto la superficie aspra di
Moonshine And Mud ecco scorrere l’armonica, regola la temperatura della slide guitar, più accessibile, mentre
Undertow si muove tra abissi improvvisi in
All Over Again, zone vuote in
Leave Well Enough Alone, cancellate, dove il corpo e la voce della conclusiva
Someday (Your Pain Is Gonna End) si scontrano con il tangibile. I
Ten Foot Polecats cercano tra le zone inquietanti del quotidiano con gli angoli più aspri del blues, esaltandone la turtuosità, le asperità, l’aspra bellezza, la disperata e selvaggia alterità.
Undertow, un rigagnolo d’acqua del Mississippi che accetta di scorrere tra le vostre mani ma non si lascia afferrare.