INDIGENOUS (Vanishing Americans)
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  Recensione del  25/07/2013
    

La rock-blues band dei Nativi Americani resta con il solo Mato Nanji (esordio nel 1990, c’erano fratello e cugino) chitarrista eccelso, ha iniziato ad articolare la rete dei confini lungo i quali muoversi con gli Indigenous nel periodo florido dell’Experience Hendrix Tour, ebbene il tutto trova un senso se lo poniamo sotto tutt’altra latitudine, quella di Vanishing Americans. “I always want to approach each recording project in search of a different sound and voice than I’ve used before”, Mato Nanji ha prima dato vigore al convincente progetto 3 Skulls And The Truth (con il front man dei Los Lobos, David Hidalgo e Luther Dickinson dei North Mississippi All Stars) e poi al sogno americano, proiezione di un desiderio d’evasione dal fiato corto.
Everything You Need va subito al concreto, perché il paesaggio di Vanishing Americans, ben vero, diventa superficie da calpestare, il blues/rock prende forza da una sintesi di macchia interiore in Cold Hearted Woman e Lonely Road (“Now it’s time to say goodbye / Head out on my own / It’s a lonely road”). Ma le chitarre vanno oltre, una ‘pittura’ che si serve sempre del colore dell’amore, un colore di qualità musicale nell’ibrido del rock, proseguono parallelamente, incrociandosi in In My Sights e nelle prelibate Don't Let Them Drive You Away e Take Me Back, formando degli scarti per una jam alla chitarra di pura bellezza in Can't Cry No More.
Ritornano i corto circuiti tra blues e rock in Now That the Sunshine Is Gone, Always with You e Don't Be Afraid a rilevare l’ambizione degli Indigenous, e quando trovano la necessaria felicità espressiva fanno decollare Vanishing Americans (gli 8 minuti di Dark Days e Moon Is Rising) con la bellezza di I'll Keep Standing nel finale a donare quel senso di benessere che invade tutto Vanishing Americans. Vitale come l’ultimo sole d’estate prima che sopraggiunga il rigore dell’inverno.