PHIL LEE (The Fall and Further Decline of the Mighty King of Love)
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  Recensione del  08/04/2013
    

Si riparte dall’esordio del 1999 The Mighty King of Love, titolo utile a reindirizzare il quarto progetto di un Phil Lee che continua a viaggiare controcorrente, l’amore lo si prende sempre dal verso sbagliato, da vero ‘troubadour’ nella splendida I Hated to See You Go, dove la melodia e le parole rifiutano la linearità e si lasciano attraversare dalle opposizioni e sovrapposizioni del coro.
Blues, folk, country e radici dell’Americana, The Fall and Further Decline of the Mighty King of Love ne coglie i frutti, belli succosi in Blues in Reverse e Chloe, emblema di un suono genuino, Phil Lee parte da una ricetta condita con un pizzico di malinconia e chitarre, si accumulano in Every Time e non si annullano nell’altra brillante ballata di Cold Ground, francobollate dal calore dell’armonica per lasciarle bruciare nel fuoco dell’amore.
Divampa in All You Need e continua a far sobbalzare il cuore nell’istantanea country della deliziosa The Hobo's Girl, a suggerire un passo melodrammatico del viaggio di The Fall and Further Decline of the Mighty King of Love. Ci sono scorciatoie delle quali poteva fare, forse, a meno, I Like Everything e She Don't Let Love Get in the Way, ma solo perché la sua mano è più felice altrove, in What Your Baby Wants e Let Your Mind Roll On, con la spassosa coda finale registrata dal vivo, It Can't Hurt, ad avvalorare un disco che in partenza ha poca speranza commerciale, ma è molto probabile che sentiremo ancora parlare di Phil Lee. C’è da augurarselo.