23enne dal New Mexico, una piccola cittadina (Taos, a un’ora da Santa Fe), dove la pista d’asfalto verso un futuro da musicista sembrava stretta e turtuosa, poi, col tempo, è diventata sempre più larga, sfociando in una superstrada a dirigerlo verso un esordio promettente,
Rule the World.
Max Gomez parla dei tempi moderni, chiusi in una scatola compatta, una specie di trappola per giovani amori, prive di facili vie di fuga, chiuse nell’istantaneo incontro tra disperazione e redenzione.
Rule The World – la title track- si popola, nell’incedere diluito della slide guitar, in un movimento dolce, l’impostazione vocale di
Max Gomez è da folksinger, base melodica tra americana, radici texane e un retrogusto pop, “
I’m influenced by the old stuff” dice Gomez. “
To me, that’s the best music.”
Quelle che potrebbero sembrare semplici storielle d’amore, la piacevole
Run From You con echi dei
Guns&Roses, si riempiono di domande, dove si procede su di una strada sbagliata sapendo che invece si dovrebbe trovare al più presto una via di svolta, le marchia col rock nella brillante
Ball And Chain, e poi con la penna in
Black And White (“
I could fall into the light just to see with clarity. But this ol' world's so black and white”).
Max Gomez le lascia sgocciolare a terra nella seconda parte, preda di un passo malinconico, giovani lamenti d’amore in
Never Say Never, tra
What It Means,
You Get Me High e
True Blue fa capolino quel romanticismo ‘scolastico’ che è un po’ la trappola delle giovani tendenze musicali quando si applicano all’amore, mostrando vivacità solo in
Love Will Find A Way.
Resta una ballata densa come la conclusiva
Cherry Red Wine, con l’immagine a stelle e strisce dell’aldilà, un ritrovo con angeli dove non manca un bicchiere di vino. Da presumere senza il Cristo in croce alle 'pareti', ovviamente, il suo corpo sotto sforzo, piegato e contorto, stonerebbe di certo.