Dopo la parentesi acustica di
Finding My Way Back Home, il presente per la ribelle
Kelly Richey non è più un luogo straniero, imperscrutabile e silenzioso, la Fender Stratocaster torna al comando del rinomato ‘power trio’ del Kentucky a seguire una scuola e un esercizio di libertà da cui viene per conseguenza logica la voglia, per non dire il bisogno, di non accontentarsi mai del lavoro fatto e di ritornare a solcare la strada di un muscolare rock/blues.
Una chitarrista indipendente, da 30 anni sulla scena musicale con una quindicina di dischi e un DVD (descritta come un
Stevie Ray Vaughan/Jimi Hendrix in gonnella con la potenza scenografica di
Janis Joplin),
Kelly Richey affida alla chitarra il compito di catturare tutti i riflessi e la polvere della strada su cui viaggia veloce
Sweet Spirit, un’apparizione vitale sin dalle granitiche
Feelin' Under e
I Went Down Easy, “
I'm aggressive, percussive, and emotive, lots of passion. I never wanted to play like a ‘girl’. I wanted to be good as a guitar player, not just good for a girl”.
Non è questione di alcohol e di una sigaretta sempre accesa (per molte donne, l’interpretazione del concetto di ribellione), a far palpitare è il rock/blues e il sudore lasciato dietro ad una chitarra che traspare dalle brillanti
Leavin' It All Behind e
Something's Going On, la memoria di un approccio classico al rock in un vero e proprio contrappunto di note in movimento e in reciproca attrazione nelle ballate di
Risin' Sun e
Dyin'. Esplorano fluttuando il territorio del blues in
Fast Drivin' Mama e
One Way Ticket,
Kelly Richey lo ricicla, lo distorce per poi sfondarne l’immagine a suon di riffs facendone affiorare una sorta di essenzialità nel testamento finale di
Workin' Hard Woman. È la forza di
Kelly Richey, capace di puntare direttamente all’anima del rock&blues senza nessun tipo di diaframma.