Dopo due Ep,
Chris King trova il proprio humus nell’anno di nascita: “
1983 is a record that I've had in mind since I first started seriously writing and recording. It will be my first full-length record and will contain ten songs that will serve to represent myself in Texas from 1983 until now. It is about the state I live in, the relationships I've made, and the people I love”.
Un contatto con la terra texana, nelle acque irregolari del country trova il modo di congiungere melodie, corpo e spirito, all’amore che apre e chiude
1983, serve a sottolineare il senso della scelta dell’alt.country, la pedal steel di
Twenty Eight tira dentro un genuino rock e gli affida compiti precisi, di smuovere
Native Son e una
Homeland dove al banjo tocca avvolgere un’amara allegoria della finzione razionale dei nostri tempi (“
In my homeland I am well-known / but out here I’m nobody to you”).
Pimpante honky tonk in
Still Haven't Said e
Goodbyes & What You Leave Behind, il sapore di un menu ad ampio ma selezionato gradiente country suddiviso tra una serie di ‘messe a fuoco’ sulla pedal steel (deliziosa
Man Enough cantata con Jamie Wilson e
Antler Inn Ballroom) ad evidenziare la grana fine delle melodie da dilatare nel finale col rock.
Negli spazi controllati della telacaster ad esaltare i tagli sgembi alle corde nelle brillanti
I've Been Dying,
Better Answer e
Something Less Formal con la luce della calda fiamma del country a vivificare questa ricchezza, a moltiplicare i flessi melodici di
1983.