Del passato dei
New Heathens si ricorda il produttore
Eric ‘Roscoe’ Ambel (songwriter e ferrato chitarrista) perchè ci aveva visto giusto nel puntare sul talento del vocalist
Butch Phelps, perchè la vena del cantore non si è prosciugata col tempo, lontano dalla routine bandistica sulle strade del New Jersey (ma con i piedi nell’area di New York), con un rodato gruppo di musicisti è tornato ad incidere un disco,
Butch Phelps and The Buck Ups.
Non è una copia carbone della partitura dei
New Heathens anche se decide di (ri)puntare su rock e radici, racconti di strada, donne e pistole, territorio non del tutto usurati e, come dire, svuotati dal tempo. In
Butch Phelps and The Buck Ups le steel guitars tirate a lucido nel convincente avvio di
Like Home, lavorano ad ampio raggio insieme al banjo e l’armonica nella deliziosa
Portland, la penna di Butch poggia su un vasto repertorio fatto di riflessioni e racconti tra i tanti luoghi visitati negli anni (Oregon, al Massachussets, la provincia americana fino a risalire all’East Village).
Con una buona dose di capacità retorica –nel senso buono, ovviamente- per riuscire a dire quello che si vuole in poco tempo, non avendo a disposizione che una manciata di minuti utili ad approfondire melodie che scorrono sempre sul velluto, grazie al pianoforte e alle tastiere tra
Tonight,
Shut the Door e
Big Easy,
Don't Bring Me Down, che quando puntano sul rock, riescono a dipanare intorno alle splendide
Drifting e
Bought and Sold, storie significative, dense come le scariche della chitarra.
Una buona ‘regia’ quella di
Butch Phelps anche nel finale, nulla da obiettare su come vengono calibrate
Keon e l’introspettiva bellezza della conclusiva
Demons. Potenza della musica e delle idee, quando sono buone.