Dirt and Diesel scorre sul velluto del country, accalorato e selvatico di una dance hall di periferia tra i primi colpi di
Saturday Night in Texas,
Gringo Loco e
Jack and Coke,
Josh Fuller amministra il materiale messo a disposizione dai ricordi di gioventù trascorsi in una piccola cittadina del Texas, tra fattorie e onesti lavoratori, vita semplice -ma dura- tra i campi di raccolta da annegare con alcohol, chitarre, violino.
Un passato da solista senza acuti, la prima band,
The Pride Of Texas, ha cambiato la rotta di
Josh Fuller nel 2009 (“
We aren't trying to be next anybody, we want to be the first to do what we do. I write what I feel, depending on my mood, and where I am in life, this of course, makes diversity an easy thing”, dice Josh). Se ne accorge
Phil Pritchett, bravo a porre l’attenzione sulle sfasature del rock nella produzione di
Dirt and Diesel, l’impatto non si attenua nella melodia del violino di Lauren Chauvin, ne sfoglia i sussulti in
The Song (On Your Radio) e la muscolare
Texas Thunder, ma anche con serena, pacata eleganza nostalgica in
Old Whiskey (spensierata e malinconicamente scorrevole tra le corde della chitarra di Kevin Bull) in grado di procurare sensazioni di distacco nelle suadenti ballate di
Enough,
Another Round e
Number (in My Pocket).
Una distanza che vaglia smarrimenti, indecisioni sentimentali, ed in Texas si sfiorano e si oltrepassano in fretta, con un finale pimpante (
Road Trip, la splendida
Heart On e
Michael Berry Show Theme Song), dosato con goliardia, valori d’età e dello spirito texano, un bene non abbastanza stimato.
Ighen! (avercene! - sottinteso: di dischi così).