PHIL PRITCHETT AND THE FULL BAND (Corpus Christi Live!)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  19/12/2012
    

Appuntamento a Corpus Christi, Tx, per il quinto live del songwriter Phil Pritchett. Una lunga e onesta carriera iniziata nel 1995: 10 album di studio (compresi bootleg, demos e B-sides come la particolare raccolta giunta al terzo volume, Blueprint Garage) e un Ep, dello scorso anno, inciso con Rodney Parker, 5 dei loro brani preferiti nel ricordo dei REM. Tutte produzioni casalinghe, indipendenti, in quel di Fort Worth, al Trinidad World Recording Studios, luogo ideale per ricercare un equilibrio melodico tra storie di sentimenti colorite dallo humor e di racconti di vita, e sulla strada sono soggetti a scossoni destabilizzanti.
L’ultima prova arriva da Corpus Christi, i 18 brani -senza lasciare buchi temporali, colgono il vagolante incedere di un corpo/chitarra/musicista scritto sui nervi delle corde prima ancora che inciso nella ‘carne’, scolpito col graffiante gioco delle dita nell’iniziale Song of The Doorman a forgiare lentamente la dura materia delle emozioni di Phil Pritchett, a permettergli degli intriganti sfasamenti spazio-temporali che si rimandano da disco a disco (la splendida God Save the King da Tougher Than the Rest – 2004, agli estratti da The Bullfighter Returns – 2008, di Find My Own Way (and Be Happy With Where I Go), la stessa Title-track e la sempre bella Girl of All Seasons).
Si rincorrono ma s’intersecano con un passato recente (da Mark Of The Human Hand – 2009, estrapola un paio di gemme, ballate malinconiche ed elettriche come I Will Get to You e No One Loves You Like Your Mother Does) come note che dal pentagramma di Corpus Christi Live! liberano la propria energia, con la stessa vitalità di esecuzioni cavalcate dalla sola chitarra (la jam a rivangare Philworld del 1996, coi 9 minuti di Luke Skywalker and Indiana Jones e negli indiavolati 14 minuti di una favolosa Maria). C’è spazio per High Tide in the Heartland – 2007, la Title-track, utile a ripescare la meravigliosa versione del classico Released, e per sviscerare gli ultimi fuochi con Locks.
La chitarra per Phil Pritchett è solo il modo migliore per veicolare questi salti temporali che vengono resi all’ascoltatore senza discontinuità, la scelta del pubblico di ripescare Bruising Sheetrock da Suburban Legends – 1999 è felice come la scelta di chiudere dopo quasi due ore con la ballata di Feeling Port Aransas da Heritage Way - 2000. Danno coerenza e unità alla messinscena di Corpus Christi Live!. Senza effetti surreali, solo con belle canzoni.