DIRTY RIVER BOYS (Science Of Flight)
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  Recensione del  18/12/2012
    

West Texas, uno studio di registrazione come pergola, riparo per atipici viandanti, nel mezzo del nulla dove il bassista Colton James è abituato a vivere, in un ranch con serpenti e polvere. Un set assolato, desertico, avanzo materiale di una civiltà che pone sul luogo tutti i suoi detriti, come in un romanzo di Larry McMurtry si situa la band di El Paso, in una posizione di dislivello ad evocare la complessità della vita, da quello sperpero di informazioni per trovare l’amore per le radici, la vita ‘on the road’ tra storie personali ed esperienze comuni di vita.
L’esordio di Science of Flight con una dose (moderata, s’intende) di critica sociale tanto per dimostrare che sotto i tappeti della civiltà metropolitana si accumula un’ipocrisia senza fine, punta su banjo, pedal steel, chitarre acustiche, bluegrass, rock made in Texas, country, anima celtica e venti caldi di New Orleans, un mix vincente descritto dai singers/songwriters Nino Cooper e Marco Gutierrez come ‘Outlaw folk’ (“is an open statement for any kind of music. It could be rock 'n' roll, country, blues, but you make it what it is”). L’armonica sguazza felice in Dried Up, i 2 Ep Long Cold Fall e Train Station vengono a galla come la consistenza di una rodata live band, ruspante Road Song, sincero l’omaggio a Townes Van Zandt nella splendida Lungs, ‘sperimentale’ –banjo, pedal steel e rock misto a radici texane- dove rivedere il mito del West e dei fuorilegge tra Six Riders e la meravigliosa parentesi messicana della bonus track di El Pescador, cantata in spagnolo dal padre di Cooper. Ma è la formula di Science of Flight che meglio aderisce ai Dirty River Boys (spalmata tra Youngblood Blues, Letter to Whoever, Summer Sweet Summer a In These Times).
Sono bravi a saper saggiare la matrice cantautorale texana, avvolta nell’assenza dell’armonica capace di assorbirla nel corpo leggiadro di una suntuosa Science of Flight, luccicante anche in Riverbed Wildflowers e Another Night, mischiarla con lo spirito bluegrass in Lookin' for the Heart (di marca irlandese in Raise Some Hell) e col tocco jazzato di Medicine Show. Science of Flight cerca e riesce a dire qualcosa, non bada molto a stare al passo con il mercato radiofonico (anche Heart Like That dimostra che non c’è quell’evidente preoccupazione dell’ ‘esser ben fatte’), rilegano il tutto in un ‘soggetto texano’ riscritto nei propri nuclei germinali ed è la forza dello stile dei Dirty River Boys. Sciolto, agile e fresco.