CHAD SULLINS AND THE LAST CALL COALITION (Incommunicado)
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  Recensione del  18/12/2012
    

Torna a lavorare sulla consistenza del rock, i riverberi delle chitarre di Chad Sullins e Josh Rutz lavorano sulla sua materiale e sostanziale fisicità, nei cinque minuti di Scratch e nella roboante Straight To Hell non sembrano esserci altro che radiazioni elettromagnetiche che si fanno segno dell’avvio di Incommunicado (segue l’esordio di Uphill Battle e l’acustico EP, What’s Left of Me).
La band dell’Oklahoma insieme a illustri musicisti locali - Randy Crouch al violino, Jon Knudson dei The Damn Quails al B3 organo e al piano, Ryan Engleman dei Turnpike Troubadours alla lap steel-, sa sempre viaggiare sul valore di una lunghezza d’onda tipicamente texana, variabile in un arco compreso tra il visibile incorporato nella pedal steel – polvere mischiata ai sentimenti e a storie di provincia nelle ballate elettriche di Paris e Only Girl, e il non visibile della materia da barroom così febbricitante in Thank God For Jack Daniels.
Tra lo spirito sudista che copre Full Throttle e la geometrica melodia di certe soluzioni (August Sun), Incommunicado nel finale cede il passo ad una fluidità lirica, nell’acustica 10 one 10, nel violino della deliziosa Dance With The Gypsys e l’impressione del mosaico rock via via si stempera nella sensazione della sinfonia elegiaca degli ultimi 6 minuti di Oklahoma Moon, ma senza il sapore appiccicoso della schema radiofonico. Incommunicado trova la sua collocazione in Texas, il terreno su cui continua a fondarsi e germogliare Chad Sullins & The Last Call Coalition. E anche il loro pubblico.