Torna a lavorare sulla consistenza del rock, i riverberi delle chitarre di
Chad Sullins e Josh Rutz lavorano sulla sua materiale e sostanziale fisicità, nei cinque minuti di
Scratch e nella roboante
Straight To Hell non sembrano esserci altro che radiazioni elettromagnetiche che si fanno segno dell’avvio di
Incommunicado (segue l’esordio di
Uphill Battle e l’acustico EP,
What’s Left of Me).
La band dell’Oklahoma insieme a illustri musicisti locali - Randy Crouch al violino, Jon Knudson dei The Damn Quails al B3 organo e al piano, Ryan Engleman dei Turnpike Troubadours alla lap steel-, sa sempre viaggiare sul valore di una lunghezza d’onda tipicamente texana, variabile in un arco compreso tra il visibile incorporato nella pedal steel – polvere mischiata ai sentimenti e a storie di provincia nelle ballate elettriche di
Paris e
Only Girl, e il non visibile della materia da barroom così febbricitante in
Thank God For Jack Daniels.
Tra lo spirito sudista che copre
Full Throttle e la geometrica melodia di certe soluzioni (
August Sun),
Incommunicado nel finale cede il passo ad una fluidità lirica, nell’acustica
10 one 10, nel violino della deliziosa
Dance With The Gypsys e l’impressione del mosaico rock via via si stempera nella sensazione della sinfonia elegiaca degli ultimi 6 minuti di
Oklahoma Moon, ma senza il sapore appiccicoso della schema radiofonico.
Incommunicado trova la sua collocazione in Texas, il terreno su cui continua a fondarsi e germogliare
Chad Sullins & The Last Call Coalition. E anche il loro pubblico.