GWYN ASHTON (Radiogram)
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  Recensione del  18/12/2012
    

La passione per la Fender non abbandona il chitarrista Gwyn Ashton, ma la camminata nel territorio rovente del blues si arresta sul litorale di Radiogram. Gioca le ultime carte semplicemente perchè si sfalda nella fiammante ‘Los Angeles Gwyn Ashton Signature guitar’, quel regalo ‘italiano’, da parte della Liutart, pronta a confezionarla nell’anniversario di un glorioso ventennale. Per il resto Radiogram mantiene sin da Litte Girl e Don't Wanna Fall quel denso spessore materico del blues che ne definisce assolutamente e profondamente la natura, contiene tutto se stesso in Let Me In (gran lavoro all’armonica dell’amico Johnny Mastro), raccoglie nella sua fibra potenza (ottima la versione di I Just Wanna Make Love, by Muddy Waters) e la controlla con distratta lucidità nella ferrea jam di Dog Eat Dog.
Gwyn Ashton sente ancora la necessità di ritornare al luogo originario del rock, un focolaio in Fortunate Kind, situato in fondo, ma anche nella testa e nel cuore dei sublimi 7 minuti di Angel. Dà valore ad un’eleganza sorniona, specialmente quando ribalta il gioco più e più volte, in una sorta di balletto attorno alle corde della chitarra, Radiogram è espressione dei sentimenti di Gwyn Ashton come le oscillazioni finali nella passione per il rock-blues di Comin' Home e For Your Love, sentimentale quanto basta ma senza mettere insieme psicologia e sociologia spicciola, quel campionario di ‘storie vere’ stile sala d’attesa di un aeroporto come lascia fluire la strumentale Bluz for Roy.
Le chiose alla chitarra sono indispensabili, costituiscono la parte vitale di Radiogram.