C’era da slalomare tra parecchi ostacoli prima di arrivare dove è arrivato -con successo-
Graham Parker, ma non ha mai dimenticato i
Rumour (Brinsley Schwarz e Martin Belmont alle chitarre, Steve Goulding alla batteria, Andrew Bodnar al basso e Bob Andrews alle tastiere) e dopo 31 anni è tornato per dare un seguito a
The Up Escalator, l’ultimo disco registrato tutti insieme (“
After a hiatus of over 30 years, it was extraordinary to hear the Rumour backing my material again,” dice Parker. “
We've finally made an album of true musical collaboration that we're all very proud of”).
Three Chords Good propone un piano inclinato sul rock, niente di sbollato per sottolineare la differenza temporale, ma un disco in continuo divenire perché riesce esemplarmente a visualizzare un denso campo magnetico melodico poggiando, quando il ritmo tende a scemare, su liriche in grado di scuotere e risvegliare i sensi (
Snake Oil Capital of the World, alle opinioni politiche di
Arlington’s Busy fino ai messaggi pro/contro l’aborto di
Coathangers).
I confini dell’aggettivo romantico sono piuttosto elastici per
Graham Parker, restano interessanti i tentativi di guardarci dentro, i territori solcati in
Long Emotional Ride e
That Moon Was Low, i fiati in appoggio a
She Rocks Me, la deliziosa
Last Bookstore in Town e
Stop Cryin' About the Rain cambiano gli schemi d’azione di
Three Chords Good, ma il rapporto tra pop, soul e rock è continuamente e brillantemente in contatto. Circondano la
Title-track e la convincente
Old Soul, è il tessuto connettivo di
A Lie Gets Halfway 'Round the World con la slide guitar e le tastiere poste in coda, come momento esplosivo a distogliere
Live in Shadows, quello che si deve in una società soffocata dai piccoli miti quotidiani.
La robustezza del filo che lega
Graham Parker ai
The Rumour è data dal sovrapporsi di molte ‘fibre melodiche’ l’una all’altra, così è stato, così è oggi per le note che li seguono in
Three Chords Good.