LAST TRAIN OUT (Last Train Out)
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  Recensione del  18/12/2012
    

C’è tanto classic rock, vivo, sgargiante, laccato, nell’esordio del trio dei Last Train Out, insieme dal 2011, da una speciale jam sessions condita a Rolling Stones, Allman Brothers e ZZ Top. Il periodo è tra la fine degli anni’60 e primi anni ’70, sono anni di stratificazione, di appartenenze diverse al rock, il chitarrista Bob Bachta e il singer / songwriter Lou Kaplan ci giocano e provano a spiare da vicino una messinscena particolarmente felice.
Il modo scelto dai Last Train Out è quello di lasciar ‘cantare’ le chitarre, Heart of an Outlaw, Red Eye Sauce e You're No Good for Me le assecondano a meraviglia, Reachin' for the Sky, Love Me in the Morning e I Don't Want to Leave You tengono lontano il facile sentimentalismo allo stesso modo di una quotidianità stanca e asfittica. Soffiano in Last Train Out temi di libertà, ‘ribellione’ sociale dell’individuo, fuga dalle responsabilità (nascosta nella deliziosa Too Complicated), o semplicemente Last Train Out è il modo più facile, senza parole superflue, di gettare uno sguardo su una tesi importante: il ‘classic rock’ è l’unica salvezza per un pianeta oramai travolto dalla ‘consuetudine commerciale’ (concetto dolce solleticato dalla jam di Sweet Addiction).
Insomma sanno come fare a dirlo, risplende in Standin' in Your Shadow e Burn One Down, quindi attenzione, il treno di Last Train Out lo si vede arrivare (deliziosa la chiusura della Title-track) pieno di musica, origini lontane e antenati illustri. L' angolazione scelta dai Last Train Out, se vi piace, il consiglio è di salire a bordo.