CHRIS KNIGHT (Little Victories)
Discografia border=Pelle

        

  

  Recensione del  04/11/2012


    

L’ispirazione resta Slaughters, Kentucky, la facciata di Little Victories è ancora la provincia americana, Chris Knight scruta e attende "It's just a slow moving place," dice Knight. "It's got a post office, a little store, and a bunch of churches. The grade school just closed down. I live about five miles from there. I never lived in town, but I have a lot of friends there and relatives. To a certain extent, it's home".
Un temporale la lascia al buio per quasi un mese e Chris scrive In The Meantime, l’ispirazione si mette di sponda e gli appoggia radici e rock, rimbalzano e schizzano via come se fossimo su una ‘Route One’ krameriana da trasgredire ad ogni svolta, una condizione per continuare il viaggio anche se la vita ‘on the road’ è dura come canta in Low Down Ramblin' Blues, per trovare, incontrare, rendere attori luoghi e persone che vivono ai margini della politica, delle ‘corporations’ del governo, dei media e della religione (il messaggio di You Can’t Trust No One), ma che si fanno centrali, con le loro storie, in Little Victories.
La vita in questi tempi di recessione è come una linea sottile, un equilibrio che si spezza in 3 punti, 3 canzoni dove irrompe la vita vissuta, la dolcezza del violino di Tammy Rogers (The Steeldrivers) trova compimento in Nothing On Me sviando il fatale procedere di amare riflessioni che John Prine, il mandolino e l’armonica delineano anche nella Title-track, la vita va affrontata giorno per giorno, la non situabilità delle nostre responsabilità, l’impreciso incombere del quotidiano che, come tutti sanno, è più forte del destino che balena nella splendida Out of this Hole. Per i sentimenti, la superficie è ruvida come l’asfalto della strada dove corre -alla Bonnie and Clyde- la secca Jack Loved Jesse, ampio spazio alla chitarra di Ban Baird come per Buddy Miller in Missing You, per abituare l’ascoltatore ad un’opacità dell’amore con lampi di luce che nell’alienazione della conclusiva The Lonesome Way e nella tormentata You Lie When You Call My Name (co-scritta con Lee Ann Womack) squarciano di tanto in tanto le tenebre con improvvisa evidenza.
Resta solo la luce del banjo ad aiutare le scelte difficili di una giovane ragazza nell’incantevole bellezza di Hard Edges, si diffonde al posto dell’imperativo che la società sembra aver interiorizzato negli ultimi anni, non regge la formula di Stendhal "la bellezza è una promessa di felicità". Lacrime per arare il paesaggio di Little Victories, lacrime che si riempiono di luce e brillano come un impenetrabile cristallo tra le 'mani' di Chris Knight.