In una decade il
Dwight Yoakam attore ha cercato di muovere dall’interno la passività del cinema senza dimenticare il glorioso passato da countryman e con vari tentativi nella speranza di volgere l’irreversibile divergenza del Western verso un qualche significato.
Una cosa è certa, il
Dwight Yoakam cantante ha avuto modo di ritrovare la cadenza lirica del cowboy, nella residua ma resistente wilderness Americana quella romanticamente ‘arretrata’ e legata ai problemi del presente: “
I think it expressed the thought that it's just as easy to look for the joy and happiness in life as it is to dwell on the things that are not so happy," spiega Yoakam. "
And maybe it's in response to a lot of folks in the last four years and the struggles with the economy feeling really weighted down."
3 Pears (il titolo arriva dal visionario documentario su
George Harrison intitolato ‘
In The Material World’, dove
John Lennon indossava ben 3 paia di occhiali sul volto “
a pair on his forehead, a pair on the bridge of his nose and a pair on his chin … And I thought what a tragic, tragic loss … and I got up and wrote the chorus, within a minute or two, of that song”) inizia ad inviare messaggi dal ‘passato’, lì prende
Take Hold of My Hand, la infarcisce con la steel guitar che procede trillante a svisare la voce potente di Dwight, un country pastoso scritto all’età di 19 anni ma solo Robert Ritchie (alias
Kid Rock) ha riprovato a mettere nella giusta luce.
Quello che si capta dalla dolcezza di
Trying, dalla splendida
It's Never Alright e dalla particolare ‘love song’ di
Waterfall,
3 Pears è disseminato di solide conferme e rivelazioni scintillanti sparpagliate tra selvatici honky tonk come
A Heart Like Mine,
Dim Lights,
Thick Smoke (dalla parte dei
Flying Burrito Brothers ma alla maniera di
Dwight Yoakam), nel rock di
3 Pears e delle brillanti
Nothing But Love e
Rock It All Away, in grado di accendere l’immaginario country con le sue romantiche sfaccettature, archetipo fondante di
3 Pears.
Un songwriting che scorre a profondità intermedia, luccica nelle due versioni di
Long Way to Go e nella pedal steel di
Missing Heart, ad imporre una libera riflessione sul presente all’interno pur sempre della marca ‘popolare’ del country, come un maestro ‘dell’introspezione’, ma c’è qualcosa in più, qualcosa che assomiglia vagamente a una verità. Spolverate i ‘boots’,
Dwight Yoakam è tornato. Finalmente.