Hat Fitz ha un lungo e florido passato blues in Australia, recatosi in Irlanda per suonare in alcuni festivals si è ritrovato esposto alla condizione instabile ed estravagante del country legato alle fondamenta della tradizione celtica, nuovi benefici e vitalità melodiche scoperti nella voce della cantante
Cara Robinson con cui ha avviato una solida relazione professionale e personale.
Un matrimonio fertile di imprevisti, un mix selvatico e temperato raccontato nell’esordio del 2010 di
Beauty & The Beast soppesati, calibrati con l’affettazione della ‘cigar box guitar’ nel nuovo disco
Wiley Ways. Gli spazi melodici diventano angusti e bui, stretti nella corale
Power in intriganti ellissi blues e nei riflessi di immagini di grandi spazi aperti, strade dritte all’orizzonte, di giornate che richiamano continue connessioni temporali con l’Autralia come nella tenebrosa storia della nave ‘di criminali’ di
Eliza Blue.
Nebbiolina bluesy che continua ad allargarsi nei brillanti tratti acustici di
Absent Eyes e
Play Me Something New, il vento non vuole arrivare, il sole non riesce a penetrare in
Wiley Ways, domina lo splendido vortice scuro della slide guitar creato in
Company Underground, ripetivo e fangoso in
Wiley Ways. La tradizione irlandese della strumentale
Sine ha luci basse in
Go Daddy e
Rusty River perché gli spazi bluesy continuano a restare stretti, passa solo la slide nella deliziosa dolcezza di
Tarni Lee e
Hold My Hand e prende il largo sul treno della splendida
Red Rattler, ritmo asciutto e monocorde, eppure grondante di un’angoscia che entra di prepotenza nell’ascoltatore. Come
Wiley Ways.