La storia dei
Rhodes è durata solo il tempo di un disco, anno 2005, un esordio marchiato da un classico rock-blues utile per scuotere il songwriter
Daniel Whittington a tornarsene in Texas e indirizzarlo altrove. Ai 6 anni in giro tra tante bands di Austin, a quell’Ep nel 2011 -
Taking You Home, cover e vecchie incisioni con i Rhodes- ma con i primi passi nel folk-root texano, e in quell’ottica autoriale si installa
Private War.
Nello spazio elettro-acustico ai confini dell’americana che serve a
Daniel Whittington per ruminare sulla vita, sulle relazioni tra le persone che sopravvivono non solo come spazio mentale, delle iconografie nostalgiche a carico della pedal steel, luoghi del desiderio e di nuove aspirazioni che entrano in contatto con l’ascoltatore nelle convincenti ballads di
Lightning,
Skin And Blood e
Dry Bone Symphony, brillanti parentesi poetico-riflessive che racchiudono altre piacevoli sorprese, la tromba e il piano ‘waitsiano’ di
Irish Whiskey al mandolino nella splendida rivisitazione ‘cashiana’ di
Folsom Prison.
La vicinanza fisica diventa prima adiacenza e poi aderenza completa alle ‘backroads texane’ in un’altra ballata profonda e di valore come
Never Go Home,
Daniel Whittington (ri)entra nel mondo esterno texano in punta di piedi anche nella notturne -ma luminose-
The Thread e
Strong Tomorrow, con
You Can Save Me e
Walls sembra rafforzarsi l’idea romantica che amare una persona e quindi investire emotivamente su di lei sia un desiderio realizzabile.
Daniel Whittington sa benissimo come tracciare una linea sentimentale, sa perfettamente come dilatarne le melodie anche nel finale affidandosi a due voci femminili (Jaimee Harris e Halle Whittington, utili ad impreziosire
She Hasn't Left Yet) e alla geometria della chitarra elettrica in
Talulah, i vettori che disegnano il fascino di
Private War.