Alcuni lievi aggiustamenti per il quintetto dei
Blackberry Smoke dopo le collaborazioni con la
Zac Browne band, ma come ribadisce il frontman Charlie Starr “
None of us have ever said, ‘Let’s be a southern rock band or a bluegrass band or a country band’, it’s not about what kind of music it is, as long as it’s good and it’s honest. When we get together it just sounds the way it does.” L’asse sudista spinge con meno intensità sin da
Six Ways to Sunday ma lungo i fiumi d’amore più tranquilli di
Pretty Little Lie,
The Whippoorwill e i sogni di piccole ‘small town’ in
One Horse Town si avverte quella nostalgia del rock classico che come una costruzione centripeta avvolge
The Whippoorwill.
I
Blackberry Smoke lo arrotolano intorno a semplici concetti (‘
songs about simple good times and fun that happen in life. It’s about love and sometimes love isn’t all that fun, but if you put on a smile you can get right back in a good mood’), non c’è nulla di banalmente letterario in
Everybody Knows She's Mine e
Ain’t Much Left of Me, scongiurano il sopravvento della melodia commerciale preferendole l’immaginazione del rock tra la chitarra di Paul Jackson e le tastiere di Brandon Still anche in
Lucky Seven e
The Whippoorwill sopravvive senza affanno e senza spremiture concettuali nel brillante incedere di
Leave a Scar e nei solidi cambi di ritmo di
Crimson Moon e
Sleeping Dogs.
I
Blackberry Smoke si muovono dentri gli spazi sudisti usando angoli e pertugi per trasformare di continuo lo spazio melodico di
The Whippoorwill (arroventati in
Shakin' Hands with the Holy Ghost) e alla fine il movimento alla steel guitar e al piano si rallenta in
Ain't Got the Blues ma i frammenti si completano, acquistano spessore nella splendida
Up the Road.
The Whippoorwill è come una macchina fuori listino, superaccessiorata e piena di optional.