VOO DAVIS (A Place for Secrets)
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  Recensione del  12/09/2012
    

Bravo alla chitarra Brian ‘Voo’ Davis, a soli 20 anni l’ha stretta tra le mani, un’anonima slide guitar in uno dei tanti terzetti blues sulle strade del Sud Americano, ma la qualità e l’abilità nel ripercorrere i percorsi tortuosi di Jimi Hendrix (lì è nato il soprannome di ‘Voo’) ha cambiato la vita al multi-strumentista Voo Davis (suona tutte le chitarre, organo, piano, armonica e il produttore Steve Bores il resto, batteria e basso).
Una lunga vetrina di collaborazioni -senza lasciare mai un angolo sguarnito, particolarmente aggressiva e piena di sfumature, l’ha continuata a riempire nel corso dei decenni finquando il fato non ha creato nuovi sbocchi, l’uscita di A Place for Secrets è nata solo dopo la scomparsa della moglie nel 2009. Ascoltare Told Her e Never Be The Same è come situarsi a un incrocio, ma sa bene da che parte andare Voo Davis pronto a dare sfogo ad un efficace plurarismo bluesy: dalla ballata con armonica, appoggiandosi brillantemente alla lap steel in The Wild One, la conclusiva Beautiful Tattoo e la sfavillante Out Of The Blue, palpitano certamente pur rimanendo una coltre avvoltolata nella malinconia, classica in Caught You Bleeding – anche perché porta verso il passato quando è propenso a percorrere la ‘strada verso casa’ di Home Again.
A Place for Secrets è tranquillo in superficie, sotto il primo strato vive la sferzante slide guitar di Levee & Le Bon Temps Roule, gli effetti sonori si intensificano in Back To Chicago, il passaggio delle dita sulle corde della slide diventa più concitato, più rapido e arcigno in Cherokee Chant mantenendosi in prossimità di una piena consapevolezza autoriale quando si spinge in direzioni di ricerca in Crisis. Voo Davis lavora con emozioni e stati d’animo del blues, messi in gioco in A Place for Secrets con una maturità espressiva alquanto incoraggiante.