Il settimo disco dei
Delta Moon è una vertigine vorticosa da cui non si può uscire, è rimasta fuori invece la voce femminile (tra il 2004 e il 2007 c’erano le vocalist Gina Leigh, prima, e Kristin Markiton dopo) il dualismo adesso è tutto nella slide di Tom Gray e Mark Johnson, con le loro musiche sincopate, dure e angolose, “
Music as it should be – raw and honest” come il dirty blues della band di Atlanta. Un’onda avanza, si alza e ricade, dal respiro affannoso nell’iniziale
Down And Dirty, ma è inutile resisterle, sembra invece che la coppia ‘maschile’ riesca ad esprimere pienamente il comune potenziale creativo, liberi di spaziare oltre i margini definiti del blues, in
Black Cat Oil tutto si confonde, la memoria di
Blues in a Bottle non è come un film già visto, ma non stantio, divaga, esce e se ne va in giro per il Mississippi, tra la speranza della splendida
Walk Out in the River (l’esperienza del cancro per Gary) libero di far poesia con la slide guitar, libero di soffermarsi sul particolare ‘forte’ per modellarlo, definirlo, connotarlo di significato, con
Black Cat Oil –la title track- e
Wishbone un felice esempio di riscrittura bluesy, su spazi melodici già noti, la manipolazione ipnotica delle corde di Tom Gray e Mark Johnson.
Le storie, il tempo presente che si connota sempre più come un terreno paduloso anche tra gli sfondi metropolitani di New York di
Black Coffee, la musica ammaliante di una
Neon Jesus (‘on the top of a building’) capace di mutare la polarizzazione in chiaro di quello che potrebbe essere un chiaroscuro religioso, contribuiscono a costruire un quadro d’insieme che unisce la centralità delle emozioni dei
Delta Moon. Il timbro blues si allarga nel finale, venato da lampi d’ironia annegato in un senso di vertigine esistenziale tra
Jukin,
Sunshine e
Applejack ma il turbinio di materia della slide resta il punto centripeto e insieme centrifugo di
Black Cat Oil sprigionando l’ultima prorompente energia sotterranea con la cover di Fred McDowell,
Write Me a Few of Your Lines. Blues cupamente oscuro, reso più concreto da un dualismo che alterna trasparenze cristalline a concrezioni sonore quasi rocciose,
Black Cat Oil deve pur andare da qualche parte, ma solo i grandissimi chitarristi riescono a farlo ‘girare su se stesso’ per 45 minuti.
Black Cat Oil non ha confini e non ne esci più.