Brotherhood, il nuovo progetto di
Chris Robinson è un salto temporale negli psicadelici anni ’70, uno scuro percorso tanto bizzarro e lontano dai
The Black Crowes ma in
Big Moon Ritual si respira la freschezza e la necessità di prendere dei rischi come condizione fondamentale per esprimere nuove sensazioni.
L’incanto placido che apre gli 11 minuti di
Tulsa Yesterday (solo 7 brani e mai sotto i 7 minuti) sono i sentimenti riscoperti dai musicisti Adam MacDougal alle tastiere (l’unico dai Black Crowes), Mark “Muddy” Dutton al basso (ricordate gli L.A. Guns?), il bravo Neal Casal alla chitarra e George Sluppick alla batteria (JJ Grey & Mofro), spiazzanti e imprevedibili in
Big Moon Ritual, il gioco si fa davvero sublime tra tastiere, chitarre e la 'limpida' voce di
Chris Robinson.
Si incrociano in uno spazio di 1 ora compositivamente sfumato, allucinato, onirico e visionario, la figura dei
Phish coesiste e battaglia in ogni brano di un disco sfuggente alle definizioni, nell’affascinante
Rosalee e
Star Or Stone affiorano spazi e melodie di consolidata tradizione per la voce di
Chris Robinson ma anche uno sguardo personale per indagare sulla giovinezza e dipingere con precisione ricordi magici che sfumano dentro figure grottesche (‘
doorways, drunkards laughing and the sound of glass breaking in another room’) e dolci ‘rumori’ anche nel cuore di
Tomorrow Blues e della soave
Reflections On A Broken Mirror.
Viene naturale abbandonarsi alla fluidità di
Big Moon Ritual, alla sua instabilità, alla indecibilità del suo essere ‘speculare’ ai
The Black Crowes, cammina in equilibrio su quella linea sottile dove inizia
Beware, Oh Take Care e finisce l’incantevole
One Hundred Days Of Rain, in un omaggio ad un’idea di musica che non tutti hanno smesso di amare. Si poteva fare di meglio? A noi sta bene anche così.