I biglietti strappati ai loro concerti negli ultimi anni se ne contano davvero pochi, ma con una certa noncuranza hanno invece racimolato parecchi guai con la legge, una sterilità capace di trottolare per l’intero 2011 e rovesciarsi a sorpresa in un nuovo progetto di ampio respiro.
Un falso movimento spalmato lungo i confini amici di Charlottesville, Virginia, i
Wrinkle Neck Mules riconquistano lo scettro eroso dal tempo dell’alternative country, lo cavalcano da un decennio e sempre con la stessa scuderia, ma riescono a percorrere anche la profondità di campo del rock, cercando di tagliarla con il virtuoso lavoro di Chase Heard alla chitarra.
Dove l’uno spreme ma non trabocca, l’altro sguscia e fiuta, nell’avvio di
Apprentice to Ghost la tensione epica di
When The Wheels Touch Down si mischia alla voce rasposa del vocalist e frontman Andy Stephanian, anche le ruvide
Stone Above Your Head e
On Wounded Knee credono nel racconto condotto da una dolente severità e un tono fosco e inesorabile, un lirismo scuro anche nella rock ballad di
Apprentice to Ghosts continuando a creare un disegno con i colori opachi del rock in
Patience in the Shadows e
Double Blade, puntellata da foglie ingiallite invase da una malinconica tristezza.
Vien da pensare che
Apprentice to Ghost sia irreversibilmente inclinato verso una curvutura tale che anche se ci muove in modo forsennato, alla fine si rimane sempre fermi e stabili al punto di partenza, ed invece inizia a lievitare il banjo, da
Parting the Clouds a
Leaving Chattanooga, un repentino cambio di set e si apre la campagna, tra il verde c’è la pedal steel, splendida in
Liberty Bell, un mirabile esempio di ricostruzione melodica di un clima country appena iniettato di spettrale malinconia e allo stesso modo la pedal steel lega il presente ai ricordi del passato, nell’altra incantevole ballad di 5 minuti di
Banks of the James, un Eldorado che pare inaccessibile, ma che l’uomo, coi suoi sforzi, tenta di scoprire.
I
Wrinkle Neck Mules si muovono lungo il dorso di colline dal suolo qua e là pietroso, come la selvaggia slide di
Central Daylight Time, scendendo tra le ampie distese tra Texas e Messico in cui spiccano cactus o alberi isolati, di un verde sempre mirabile, in una natura country che si diffonde dolcemente fino a sgorgare nella conclusiva
Dry Your Eyes rivestita dal rock, come la seconda pelle di un western siderale, in un senso di desolazione sonora e di vuoto. In quello spazio malinconico si diffonde e prende forma
Apprentice to Ghost.