BLAZE FOLEY (Clay Pigeons)
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  Recensione del  02/06/2012
    

Michael David Fuller nato nel 1949, una giovinezza trascorsa al Sud degli Stati Uniti insieme ad una famiglia di itineranti musicisti e cantanti gospel, prima di levigare nel tempo degli anni ’70 i frammenti cowboy di ‘Deputy Dawg’ al songwriter ‘Blaze Foley’. “He was a genius and a beautiful loser” dice Lucinda Williams (a lui ha dedicato la meravigliosa Drunken Angel), il suo grande amico, il leggendario storyteller texano Townes Van Zandt raccontava di lui: “He is one of the most spiritual cats I’ve ever met; a writer who never shirks the truth; never fails to rhyme. He’s only gone crazy once. But the main thing is the music. Blaze is a lover of things alive, and pleads their cause with every word. I am proud to call Blaze my friend”.
Le sue canzoni cantate da Merle Haggard, Willie Nelson, Lyle Lovett & John Prine ritrovano grazie alla Secret Seven Records la luce delle incisioni originali, una imperdibile raccolta in vinile Clay Pigeons con 12 brani registrati tra il 1970 e il 1980, acustiche e con la band, in studio -ovvero la sua casa- dove utilizzava un semplice nastro, molte delle quali lasciate in un cassetto e quando finalmente raggiunsero una casa discografica, il proprietario fu arrestato per droga dall’FBI e tutto rimase incompiuto, come la sua vita finita tragicamente nel 1989 quando fu colpito fatalmente da una fucilata in difesa di un suo amico. Ci resta la musica.
La meravigliosa Clay Pigeons apre un disco di ballads, di visioni emotive di anonimi, inadeguati eppure affezionati alla propria minima diversità di sconfitti abituali, la tenerezza di Moonlight, Lovin' You, My Reasons Why e For Anything Less ricordano l'immaginario prefigurato del cineasta R. W. Fassbinder Sognare un amore vero è proprio un bel sogno, ma le stanze hanno sempre quattro pareti, le strade sono quasi tutte asfaltate e per respirare c'è bisogno di ossigeno»). Dall’altra però c’è una realtà socio-politica che colpisce a colpi d’accetta, lasciando ‘libero’ lo sfondo tra You'll Get Yous Aplenty e quella perla di Cold, Cold World, cougula la messa in scena in raffigurazioni brevi e intense come in Election Day e la splendida Oval Room, ai tempi di Regan ma come dimostrò Calvin Russell in In Spite of It All, funziona bene a qualsiasi anno, lustro, secolo.
Le intense suggestioni elettro-acustiche in Down Here Where I Am e Rainbows and Ridges hanno un’andatura claudicante, invitano a deviare il percorso e a perdersi lungo i margini della vita di Blaze Foley, lungo l’incantevole armonica che accompagna If I Could Only Fly utile per restare a lungo nello spazio sospeso della bellezza di Clay Pigeons .
Infine un consiglio.
Recuperate la biografia Living In The Woods In A Tree: Remembering Blaze Foley della compagna scrittice Sybil Rosen sul periodo trascorso in una casa in mezzo agli alberi in Georgia, il bel documentario presentato lo scorso anno Blaze Foley: Duct Tape Messiah di Kevin Triplett e il recente tributo dell’amico Gurf Morlix in Blazey Foley's 113th Wet Dream.
Per una visione di Blaze Foley a 360° gradi.