Interessante la partitura blues di
Psychedelta, un umorismo timbrico gelido, rarefatto e diffidente si riflette nel terzo disco del trio di Seattle dei
Gravelroad, anime perse e inghiottite da un gorgo di miserie, mississippi blues e dolori.
Shot The Devil del 2008 li ha instradati verso il maestro
T-Model Ford con cui hanno diviso 3 anni di concerti e produzioni di studio (l’ultimo
Taledragger ma anche
The Ladies Man del 2009) ma son riusciti a salvaguardare la propria originalità operando all’interno dei confini di un territorio blues in incessante mutamento.
Restano i diavoli a caratterizzare ancora le turbolenze di psicadelici percorsi strumentali (
Furry e
Deep Blues), se ne fanno carico da
Devil Eyes e soprattutto una percussione abilmente manipolata dalle chitarre che si divincola in una triste, sconsolata, disperata e sublime partitura di ‘dirty blues’ da
Keep On Movin' alla splendida
Goin' Down That Road Again, con suggestive ricerche armoniche (
Nobody Get Me Down e
In the Woods).
Modulazioni elettriche che si dilatano come lungo strade desertiche nei 7 minuti di
Caves, ma è come avere i poliziotti alle calcagna, non c’è speranza e diventa un miraggio
Psychedelta, si traduce in sarcasmo per andare alle radici delle ‘regole’ quando scivola nel finale in una malinconia affettuosa e deviante in
Leave Her Alone e nella flemmatica eleganza di
Let Me Hold You. Il mondo di
Psychedelta è la culla di tutte le differenze composte in una celestiale armonia blues, e a questo 'eden' i
Gravelroad devono continuare a credere.