ANTHONY GOMES (Up 2 Zero)
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  Recensione del  01/06/2012
    

L’atmosfera di Up 2 Zero è immediatamente catturata da una manciata di accordi taglienti (simili al debutto Blues in Technicolor del 2000) tra Back To The Start e One Last Time ci si rende conto che Anthony Gomes entra a carponi nel lungo cunicolo di un blues classico, ma stavolta si impiastra le mani più con il rock e il gospel (“This album is the most honest representation of who I am. The title represents getting back to the blues - back to ground zero. I seem to go in the other direction and look backwards to be inspired. In a strange way, when I listen to Muddy Waters or Robert Johnson I hear the future”).
La cadenza della chitarra segue in modo asimmetrico Unity del 2002 e Music Is the Medicine del 2006, in Up 2 Zero –la title track- si aprono vortici e rapidi dove scongelare la passione del blues, si viene risucchiati nella contagiosa armonia di Love Sweet Love e una Fly Away che rispolvera il vecchio successo di Bluebird. Anthony Gomes descrive il movimento del blues sfondandone la geometria in Room 414, mischiando il soul tra Anywhere You Run e l’assolo di Darkest Before The Dawn, con la grezza, sporca e sensuale Voodoo Moon, capace di sfuggire per molteplici linee di fuga. Le stesse linee che seguono la leggiadra ballad di Last Bluesman Gone e la conclusiva N'abandonne Pas, in doppia versione Inglese e in Francese, un omaggio alle origini della madre.
Un filtro di stili attraverso cui assorbire, riorganizzare e mettere in scena senza stravolgere il flusso di un blues viscerale che rimbalza felice in Up 2 Zero.