Una domenica al
Phoenix Saloon di New Braunfels per il primo live di
Rodney Hayden? Risposta banale, bellissima serata. 18 brani a ripercorrere tutti e 6 i dischi del songwriter nato nella piccola cittadina di Pleasanton vicino a San Antonio, famose, riconoscibili senza nemmeno richiamare la funzione titillare della memoria prima di tuffarsi nell’intenso vortice acustico diviso con David Beck e la voce di Drew Kennedy.
Parentesi calde (
Living The Good Life e
12 Ounce World) e accorate (
Waltz With Me,
Too Many Highs e
Whoever Wrote This Song) dove si tira il fiato, ma nell’avvio di
The Habit e
The Brazos l’etichetta ‘texana’ appare subito evidente, così luminosa in
The Real Thing,
Silverado Boys e
Nuevo Laredo, è come un fiume carsico, appare, scompare e riappare quando meno te l’aspetti nel lungo racconto in note che copre dieci anni: dal country di
The Real Thing del 2002, lo spostamento ad Austin.
Il secondo disco
Living The Good Life, il periodo a Nashville dove cuoriosamente scrive intorno ad un simpatico aneddoto la toccante
Midnight In Memphis, il matrimonio e il definitivo spostamento in Texas. Lì nasce la
Palomino Records, l’etichetta di
Rodney Hayden dove il suono muta forma, il folk/roots penetra dappertutto e feconda le altre forme del country altrimenti destinate a morire -
Down The Road, seguito da
12 Ounce World,
Tavern Of Poets e l’ultimo
Rodney Hayden in un omaggio alle tradizionali cowboy songs).
Intense ballate anche nella seconda parte con i momenti migliori in
Huntsville e la splendida
Down The Road, nel ricordo italiano a
Christian e agli amici di
Lonestartime di
Last Train To Rome, nella curiosa falsa partenza di
Get On Your Mule And Ride a
Goodbye To My Hometown e
Heartaches And Highways, essenzialmente perché non hanno nessun straordinario passaggio armonico.
Questa è la forza di oggi e di ieri nelle canzoni di
Rodney Hayden, in una passeggiata a ritroso nel tempo per poi tornare, riportandosi a casa un titolo:
Live from The Phoenix Saloon. Un cd da ricordare e/o da far ricordare.