GREASY GRAPES (Headed South)
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  Recensione del  01/05/2012
    

Rock n’ roll da Caracas, classico ma che non lascia indifferenti (qualche buon avvisaglia nell’esordio del 2009 con At the Back of The Hill) i sapori anni ‘60 e ‘70 sono più intriganti e allo stesso tempo suggestivi, non c’è bisogno di nessun filtro, in Headed South pervade una forza spontanea, come se fosse stato registrato dentro al cuore dei ricordi. Il quartetto venezuelano dei Greasy Grapes si appoggia molto alla voce di Leo Laya e alla chitarra di Antonio Romero, in Northern Light aggiungono un’armonica disinvolta nel finale, ma ad ascoltare Keep Rising c’è soprattutto la volontà di percorrere sino in fondo la liminare instabilità della passionalità del rock, quel bordo instabile su cui giocano di continuo con She Fades Away per aprire il cuore fragile dell’ascoltatore nostalgico.
Emergono le voci leggere dei fiati in Kiss Me One More Time, qualche schizzo di soul anche in Ophelia a cui guardano con sornione simpatia, ma il cortocircuito elettrico è sempre in agguato, nella vivaci ballads di Every One Of You e soprattutto nella splendida Absolute Love, il mondo in cui viviamo è sporco e allora i Greasy Grapes volano sopra le vostre teste con riffs e sonorità avvolgenti, lente, c’è ancora l’armonica a far compagnia nel finale ai vocalizzi di Laya.
Drastico rifiuto a facili clichè melodici rafforzano Headed South, Midnight Train e Drawing a Smile girano di continuo sugli stessi accordi, si concentrano sulla steel guitar e in questo modo i Greasy Grapes acquisiscono un’altra vita, sempre fedele al classico, fino alla fine, con le grintose Old Man e She's A Snake. Il rock torna a parlare con Headed South ed appartiene anche ai Greasy Grapes, capaci di toglierlo dal buio del passato.