In una carriera costruita per sovrabbondanza –in 40 anni, 35 album-, arriva l’esordio per la canadese
Stony Plain, etichetta roots music e
Deeper in the Well si sovraccarica di banjo, violini, mandolino, tamburi, sapori cajun e con una squadra di illustri musicisti dalla Lousiana, è pronto a sedurre l’ascoltatore e ad inchiodarlo in un gioco elettro-acustico fatto di continui rimandi tra folk, americana ed armonica blues.
Il paesaggio scelto da
Eric Bibb è rurale, nella dolcezza di
Bayou Belle inizia a spostarsi tra presente e passato delineando un profondo spaccato sociale, occupa lo spazio con un nutrita serie di cover (spicca
Bob Dylan,
‘The Times They Are A Changin’) e con altre rivisitazioni di classici come la deliziosa
Dig a Little in the Well ascoltata da un vecchio vinile del ‘bluegrass singer’
Doc Watson. Tempi difficili attraversati con spirito ottimista e di speranza, non li vive
Eric Bibb, li attraversa portando con sé il chitarrista Cedric Watson –gran lavoro alla steel in
In My Time- l’armonica di Grant Dermody protagonista della splendida
No Further, il violinista Cedric Watson dalla scena di Lafayette ad illuminare
Sinner Man e
Music.
La sottile linea folk che lo ricollega al padre Leon -esponente della scena folk newyorchese anni ’60-, smuove le melmose
Boll Weevil,
Every Wind in the River e
Could Be You, Could Be Me. La composizione di
Deeper in The Well resta impostata sulle due diagonali blues e tempi difficili (briose
Money in Your Pocket e
Movin Up) ma trova il modo di congiungersi agli angoli della carriera di
Eric Bibb, per esprimere in
Sittin' in a Hotel Room e
The Times They Are a Changin' anche le proprie emozioni: “
Music is more than a style or a fashion, It's bout the swing, the soul and the passion. If I feel it - that's good enough for me”.