AARON WILLIAMS & THE HOODOO (10:49)
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  Recensione del  30/12/2011
    

Più profondo del convincente It Ain't Easy del 2008, alla ricerca di un blues evocativo, classico e spirituale da affiancare al suono lugubre del Delta Mississippi, Aaron Williams & The Hoodoo rifiutano le regole e i percorsi facili, preferiscono continuare a seguire vie traverse, anomale che portino a valorizzare barlumi di pensiero e di emozioni a cui girano attorno lavorando sui ritagli della cigar box slide, pronta a buttar tutto per aria.
La band del Midwest (recente vincitore del MAMAs' Artist of the Year) centra il bersaglio con 10:49, un tributo al padre, il bluesman Cadillac Joe Andersen con il quale ha suonato per anni e che ricorda sin dalla scelta del titolo (“10:49 was the time of his death”, dice Aaron), partendo da intrecci melodici che anziché seguire la traiettoria del ricordo, si accompagnano ad una linea nostalgica nel suono e con vitali coni d’ombra nella splendida Boom Boom, un buco nelle acque del Mississippi.
Il trio (Aaron Williams, voce e chitarra, Eric Shackelford, batteria e Z al basso -con l’aggiunta del tastierista Jimmy Voegeli) si distacca con autorevolezza dai prodotti confezionati per far soldi facili, con una messa in scena sismica e selvaggia (“We tracked the new album live to try to capture the energy of our shows in the studio," dice Williams. "We also wanted a live sound from song to song. It sounds more raw than our first album.”) Blues e rock’n roll da It Is What It Is agli aloni anni ’70 nei riffs pungenti di My Turn, tira fuori diavoli e la raffigurazione di una donna che sembra decidere il viaggio di 10:49, la meta da raggiungere, i momenti di seduzione e quelli di ‘violenza chitarristica’ -sanguigne Red Head Women, She's Good at What She Does e Sick and Tired, a frustare un uomo che non sa che pesci pigliare con lei sempre a letto a dormire-, nella dottrina di Tease Me, Please Me, nell’incalzante ritmo di Let Me Love You o quando sotto le vesti del diavolo lo prende per mano per un giro agli inferi nella meravigliosa Devil's Playground (“There’s no way to get out when you cross on over to the Devil’s side”).
Resta in scia 10:49, la splendida title-track , sulle sponde del Mississippi river, armonica e la steel guitar “It's celebratory. It's about a moment in my life when I realized it's time to be happy, time to let go of the things that bring you down”.
Mentre canta “It was 10:49 when I said my last goodbye, You closed your eyes, I finally opened mine”, pensando al padre, Aaron Williams lascia debordare l’immaginazione e favorisce il passaggio dalla veglia al sogno in un’impasto di spinte melodiche che danno ad 10:49 la possibilità di deviare da uno schema classico che alla fine fa balenare l’idea che il blues è ben lungi dall’aver sfruttato tutte le sue potenzialità.