Dai primi anni ’60, il periodo dylaniano di
Steve Spurgin, sono iniziate ad affiorare schegge e scaglie di un songwriting che nella Los Angeles dei primi anni ’70 aprì un ciclo lungo ben 15 anni con Byron Berline, John Jickman, Dan Crary: i California, vincitori di 3 consecutivi IBMA Instrumental Group of the Year. Schegge mantenute vive nel tempo da
Steve Spurgin, tra numerose bands di Nashville e il palco, ‘magie’ affidate alla penna senza minare l’ordine delle priorità e come dimostra
Past Perfect, l’esperienza serve a ricreare e a rivivere il rapporto con il pubblico, quello del Kerrville Folk Festival e poi nell’amato Texas dove insieme ad una band di signori musicisti (Jens Krüger al banjo, l’altro fratello Uve alla chitarra, Adam Steffey al mandolino, Rob Ickes alla chitarra) lo si trova in giro a suonare.
Songwriter di talento, dissemina nelle canzoni di
Past Perfect aspetti e piaceri della vita di provincia, non è certo un sistema rassicurante e ordinato, la steel che solca l’ammaliante dolcezza elettro-acustica di
Fire On the Kettle se ne frega beatamente delle storielle precotte buone per la radio, il country/folk/bluegrass di
Steve Spurgin è come un orbita dove mandolino e banjo sono sempre più veloci, attirano detriti di realtà quotidiana nella piacevole
The Walkin' Boss, lungo le ‘back roads’ di
Collar to the Wind e la ruspante bellezza di
Sasquatch (di John Malcolm Penn) e
The Lights of Reno.
Non c’è nulla di incline alla mielosa romanticheria da edicola ferroviaria nelle carezzevoli ballads di
I Guess She'll Never Know,
Kodak 1955 e
This Might Be the Year, le ultime ombre e luci di
Past Perfect arrivano a confondersi sotto la spinta del country -l’impulso vitale di
Run Away Home e
The Last Armadillo Waltz, con forze oblique e opache -solo in
Song for a Winter's Night- e raggiungendo la fusione nella tappa conclusiva, texana e alcolica, di
Gettin' Outta Here Alive.