Il vocalist Pete Shoulder è uno dei più celebrati artisti Britannici (dopo Eric Clapton, ovviamente) vincitore a Memphis del W.C. Handy Blues Foundation Award, chitarrista coi fiocchi (bravo anche al mandolino e pedal steel) insieme all’altro chitarrista Luke Morley, si sono affacciati sulla ribalta americana dopo l’esordio omonimo dello scorso anno.
Siren's Song rafforza ancor più le distanze con l’Europa (la versione Deluxe regala un bonus disc con 3 brani inediti, versioni acustiche e live registrate in Olanda) rock ‘n blues, reminiscenze anni ’70, soul, passione e chitarre, c’è di tutto in
Siren’s Song e la stessa
Title-track con i cambi di ritmo serve a saggiare la temperatura.
Di fatto
Siren’s Song è un disco libertario che tenta di conservare sempre –mascherandola con una strumentazione dall’acustico all’elettrico- una connotazione sostanzialmente blues-rock, ma dai sopraffini virtuosismi di
Blame It On Tupelo si capisce che i
The Union preferiscono vagare morbidamente privi di punti di riferimento, tra il melodismo sobrio e triste di
Orion, nessun ‘effetto speciale’, nessuna distorsione, in un clima di sofferta malinconia che va ad incocciare con l’opprimente e accecante fervore di
Obsession e della splendida
The Remedy prima di annegare nel candore melodico della seducente
Make Up Your Mind.
Siren's Song è un disco accattivante, con un’innegabile vitalità quando soul, blues&rock si incrociano nella eccelsa
Cut The Line, il tutto è trattato con un movimento di andirivieni, di spostamenti continui tra il dentro e il fuori del rock (ferrea
Burning Daylight, stile classico per
Black Gold) deviazioni e cambiamenti espressivi che aprono la ricchezza stilistica dei
The Union prima di chiuderla con i due volti di
Time e la pianistica
If I Could Make You Mine.