4 dischi, 2 country e 2 metal. Solo
Hank Williams III è in grado di fare una cosa del genere o più semplicemente, si tratta di accettare una deviazione dalle regole del mercato (impensabili con la
Curb Records), ma possibili per la
Hank3 Records. Rinchiuso al The Haunted Ranch, casa-studio in quel di Nashville, conia un nuovo genere musicale (il ‘
cattlecore’) per il tributo
3 Bar Ranch: Cattle Callin', speed metal allucinante e poco digeribile lontano dagli
Assjack, la band che lo accompagna dal vivo e fedele al doom metal, quello che contraddistingue
Attention Deficit Domination (“
Both A.D.D. and Cattle Callin are very intense,” precisa Hank3. “
It’s hard to follow, even for the guys I play with. I’m playing everything on these two. It’s very complex”). Zuma e rallenta, spettacolare e non privo di risorse, ne svela quelle crepature che contraddistinguono i due personaggi che vivono in
Hank III.
Non sono speculari, meglio, non si contagiano, ma si compenetrano a vicenda e
Ghost To A Ghost / Guttertown mostra questa mutazione, lo spostarsi ad un country fuorilegge che continua a scorrere nelle vene di
Hank III (“
I have musical freedom. I’m able to say ‘Here’s my record’ and I don’t have to go through a million different channels just to put out a song,” dice Hank. “It’s all me now”). Storie ed emozioni che non hanno nulla di garbato, ma la vera country music non lo è mai stata, in viaggio verso
Gutter Town (la seducente title-track), a raccontare nei minimi dettagli la vita rurale così ardua pur nella levità del suo fluire, così intrisa di squarci lirici affidati al banjo di Daniel Mason, alla steel di Andy Gibson, al violino di Daniel Mason e la chitarra di Johnny Hiland. Il passo è spedito, tinte bluegrass nella splendida
Gutter Stomp, demoniache in
Ridin’ The Wave e
Troopers Hollar a puntualizzare un rapporto fra dolcezza e violenza che assomiglia al movimento di un pendolo, ecco la fisa che si unisce all’alcohol ed entra nella selvaggia
Outlaw Convention, nella scanzonata e scurrile luminosità di
Cunt Of A Bitch e
Dont Ya Wanna.
Hank III modula
Ghost to A Ghost su timbri diversi e contrapposti, in un’armonia vibrante e avvolgente (meravigliosa nel passaggio acustico di
Ray Lawrence Jr., ‘outlaw singer’ a cui concede un paio di perle acustiche racchiuse in 7 minuti) nella intensa
The Devils Movin In, cercando di andare oltre una relazione andata male, riflettendo sugli umori, le speranze e le paure come un giovane ribelle, nichilista nella struggente
Time to Die quando parla dei propri eroi osservandone lo sguardo “
It might have been drugs or it might have been love / But they all knew when it was time to die.”
Ghost to A Ghost chiude con la voce cavernosa figlia di
Rebel Within ma appartiene a
Tom Waits, un duetto perfetto che serve a introdurre
Guttertown, il secondo disco. Sulla scia di
Straight to Hell, ben 7 canzoni sono strumentali e raccolgono rumori perlopiù notturni come nelle rane dell’iniziale
Goin To Gutter Town, ma invece di una traccia unica, stavolta ci sono ben 19 brani, con le special guest (sono tante e illustri, da Alan King degli Hellstomper, Les Claypool dei Primus, Dave Sherman, Troy Medlin al fedele cane Trooper) arriva un’altra piacevole sorpresa, il cajun e i sapori messicani al confine col Texas.
Lo spazio e la sua misura coagulano e conformano intorno all' incantevole luminosità di
Gutter Stomp,
Musha's,
Dyin Day,
I'll Be Gone,
Fadin Moon,
I'll Save My Tears, tra suoni caldi, volti e corpi poco soggetti all’amore, si aprono paesaggi mai abbastanza esplorati (le ballads,
I Promised e
Move Them Songs) dove le strumentali scorrono e sfuggono, ma facce della stessa medaglia di
Ghost To A Ghost / Guttertown. Eppure non si perde mai la sensazione che tutto sia necessario e che tutti quei difetti sonori siano volute mancanze per
Hank III[/b], uno dei pochi capaci di sminuzzare il proprio talento per dimostrare la forza della sua musica.