Josh Peek e il rodeo, una discografia (
Running From the Bull è il 4°cd) come un viaggio picaresco e agrodolce su una vita di ricordi, di un ‘
bull riding’ alla ricerca della fama nelle arene del Texas (ma trova per lo più dolori) molte le cicatrici, utili a segnare un futuro diverso, da musicista. Cresciuto tra le vallate del Texas Hill Country, a Comfort Texas,
Josh Peek non poteva che esordire nel 2001 con
Bull Rider’s Dream, dopo 5 anni il disco dal vivo (
Live at Nelson City, registrato al Nelson City Dance Hall con canzoni del primo disco e altri brani inediti) per tornare in studio nel 2007 per
Central Texas Kid, sempre country classico tra honky tonks bars e dancehalls, perfetto per matrimoni e feste nel cuore della provincia agricola texana.
Ma in mezzo alle fronde dell’apertura di
Lost Soul Train si avverte che
Running For The Bull ha due rami dalle proporzioni diseguali, stavolta il peso è tutta nella chitarra che
Josh Peek stringe tra le mani nella cover. La splendida jam di
Something 'Bout the Rain mostra un paesaggio terroso, brullo, polveroso, ed assurge a simbolo dell’animo di
Running For The Bull, accerchia
Her Love, piatto ricco di riffs, ma è ammirevole l’omogeneità ed equilibrio che
Josh Peek trova tra genuine storielle di vita (
You're The Only Dream Of Mine,
Wasted Moonlight e
The Truth) mostrando padronanza nel controllare il metronomo delle pause e degli scatti di ritmo.
L’andatura di
Running For The Bull è pacata, orizzontale, ma sempre vincolata ai turbamenti paralleli delle corde della chitarra, circolano e si insuano attraverso incantevoli perle ipnotiche (
Bucking Bulls,
Live On e
The Day Ain't Over Yet) capaci di penetrare nel vivo del tessuto di un cowboy che sa ancora riconoscere il ritmo e il respiro del country nei morbidi movimenti avvolgenti di
Dontcha Bring Me Anymore e della ‘filosofica’
Beaches, Bikinis and Beer (l’unica co-scritta, insieme all’amico Berrick Blackwell) con cui sembra voler contemplare paesaggio, personaggi e cose. La pellicola di
Running From The Bull resta sgranata, tra raccordi poco ortosossi –whiskey e donne- di
On Down The Line, il nero sporchissimo delle vampate di
Born to Ride e della splendida ballad elettrica finale di
Shooting Star Troy, ci si accorge che
Running From the Bull è sedimentato, ha lasciato diverse scorie, impronte elettriche e nervose che non se ne vogliono andare.