JASON BOLAND & THE STRAGGLERS (Rancho Alto)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  29/11/2011
    

Continua a credere nella vera country music, continua a vederne i confini tra passato e presente, abitato da violini, steel guitars, alcohol, donne, demoni e disperazione, le verità di Jason Boland and the Stragglers sono contenute in quei bordi e Rancho Alto vi appartiene ancor più delle storie da ex-alcolista che avevano contraddistinto il precedente Comal County Blue (“We’re not really trying to emulate pop music, so it keeps getting in some ways almost more acoustic. But I would think within the songs, there’s a little bit more of a social responsibility and there’s also, I think, in a way more sweetness and more love in it”).
Prodotto da Lloyd Maines, Rancho Alto è tutt’altro che lieto ma c’è la pedal steel di Roger Ray a renderlo vivo, una fisionomia quasi da poeta si fa strada dalla ridente Down Here in The Hole, il ritmo tiene a galla tempi difficili vissuti ai tempi di Stillwater -dove tutto è iniziato nel 1998, tra fattorie e una dura realtà di provincia, “The sun never shines down here in the hole”, all’amabile valzerone di Every Moment I’m Gone dove c’è tutta la filosofia del ‘texas troubadour’ che si divide tra casa e le highways. Un viaggio anche alla ricerca del passato, recuperare la memoria attraverso viaggi all’indietro per procedere avanti e Rancho Alto gioca bene le carte temporali, la band dell’Oklahoma con violino e steel si avventura in deliziose ‘isotopie’ cantautorali, ovvero percorsi di lettura che segnano la spigliata False Accuser's Lament, la prospettiva è sempre scura ma è dalla parte di un agricoltore che si ritrova testimone di un assassinio che non ha commesso, o nell’approccio bluesy della brillante Pushing Luck, sulla strada pensando a Woody Guthrie nella splendida Woody’s Road di Bob Childers o tra i nativi americani dell’Oklahoma in Fences.
La radice di Rancho Alto su cui coltivare gioie dense ma anche acute sofferenze (ballads di qualità da Mary Ellen's Greenhouse, a Forever Together Again ai cuori spezzati di Between 11 and 2, alla ricerca di una cura oltre la soglia di un bar) picchi di piacere ma anche abissi di disperazione nella straziante bellezza di Obsessed, prima di chiudere con l’incantevole Farmer’s Luck di Greg Jacob. Roots verace, racconta con lucida schiettezza la storia di un pezzo di terra confiscato dal governo per essere donato all’attrattiva del Deep Fork River. Non è proprio colpa del fiume, ma del progresso, di un’umanità che non fa altro che alimentare effetti collaterali disastrosi, della miopia della politica. Terreno fertile per il country di Rancho Alto.