Continua a credere nella vera country music, continua a vederne i confini tra passato e presente, abitato da violini, steel guitars, alcohol, donne, demoni e disperazione, le verità di
Jason Boland and the Stragglers sono contenute in quei bordi e
Rancho Alto vi appartiene ancor più delle storie da ex-alcolista che avevano contraddistinto il precedente
Comal County Blue (“
We’re not really trying to emulate pop music, so it keeps getting in some ways almost more acoustic. But I would think within the songs, there’s a little bit more of a social responsibility and there’s also, I think, in a way more sweetness and more love in it”).
Prodotto da Lloyd Maines,
Rancho Alto è tutt’altro che lieto ma c’è la pedal steel di Roger Ray a renderlo vivo, una fisionomia quasi da poeta si fa strada dalla ridente
Down Here in The Hole, il ritmo tiene a galla tempi difficili vissuti ai tempi di Stillwater -dove tutto è iniziato nel 1998, tra fattorie e una dura realtà di provincia, “
The sun never shines down here in the hole”, all’amabile valzerone di
Every Moment I’m Gone dove c’è tutta la filosofia del ‘texas troubadour’ che si divide tra casa e le highways. Un viaggio anche alla ricerca del passato, recuperare la memoria attraverso viaggi all’indietro per procedere avanti e
Rancho Alto gioca bene le carte temporali, la band dell’Oklahoma con violino e steel si avventura in deliziose ‘isotopie’ cantautorali, ovvero percorsi di lettura che segnano la spigliata
False Accuser's Lament, la prospettiva è sempre scura ma è dalla parte di un agricoltore che si ritrova testimone di un assassinio che non ha commesso, o nell’approccio bluesy della brillante
Pushing Luck, sulla strada pensando a Woody Guthrie nella splendida
Woody’s Road di Bob Childers o tra i nativi americani dell’Oklahoma in
Fences.
La radice di
Rancho Alto su cui coltivare gioie dense ma anche acute sofferenze (ballads di qualità da
Mary Ellen's Greenhouse, a
Forever Together Again ai cuori spezzati di
Between 11 and 2, alla ricerca di una cura oltre la soglia di un bar) picchi di piacere ma anche abissi di disperazione nella straziante bellezza di
Obsessed, prima di chiudere con l’incantevole
Farmer’s Luck di Greg Jacob. Roots verace, racconta con lucida schiettezza la storia di un pezzo di terra confiscato dal governo per essere donato all’attrattiva del Deep Fork River. Non è proprio colpa del fiume, ma del progresso, di un’umanità che non fa altro che alimentare effetti collaterali disastrosi, della miopia della politica. Terreno fertile per il country di
Rancho Alto.