
Del songwriter di Abilene se ne erano perse le tracce dopo il successo del 2003
Live at Floore’s Country Store, eclissatosi nel West Texas da dove è riapparso con 4 anni di distanza e lasciando, lodevolmente, il passato roots a una temperatura bassa, si potrebbe dire ‘conservativa’ per le sperimentazioni di
Six Black Birds non convincenti come il misterioso
Receive. A
Nathan Hamilton piace giocare con il tempo,
Beauty Wit and Speed alterna passato e presente, si riavvicina al passo folk e desertico dello splendido
Tuscola ma da punti di vista diversi.
Lo aiutano una squadra di signor musicisti (Kevin Russell dei Gourds al mandolino, Jeff Lofton alla tromba, Billy Brent Malkus alle chitarre, Amy Cook e Amanda Legget al controcanto) a scavare dentro i ricordi e le aspettative di un’umanità in lotta con un’esistenza di tribolazioni, si affida al piano -dalla strumentale d’apertura,
A Red Thread Runs alla serena dolcezza di
Through Ether And Time- per inseguire le visioni della mente che si acquietano in modo sorprendente
In All That We Might Find (superbo il lavoro al mandolino di Russell e alla lap steel di Geoff Quenn) nella coda elettrica di
A Prism Of Grace e nella reciprocità tra la tromba e il piano della ballad di
Rust Of Age.
Beauty Wit and Speed concede piccoli incanti a chi è capace di assaporarli, ma riesce anche a recuperare felici incursioni nell’elettrico (
The Heart That Aches To Open e
Until We Both Believe) sfaccettature di uno stile melodico che non ha perso per strada (da segnalare anche
Fire To Metal, la steel di
Our Roadside Prayers e i fuochi finali in
The Days Of Caution). Registrato tra le mura di casa per ottimizzare i costi, i riflessi roots degli esordi infondono a
Nathan Hamilton mutevolezze e fluidità inusitate che gli permettono di riappropriarsi dello spazio perso negli ultimi anni.