Roots-rocker di provincia tra fattorie, camioncini e chitarre ha iniziato ad accumulare dati e sensazioni, ma le reazioni necessarie per incidere un Ep (il sopraffino
Runaway With Me, 2008) le ha trovate tra la vita dei vecchi cowboys e fuorilegge in debito con la legge, un disco genuino, senza abbellimenti, penna e chitarra. Il percorso di
Donny Waits –iniziato nel 2004 sulla scia di songwriters come
Walt Wilkins e
Chris Knight- tra ‘texas road trips’, treni, storie di pistole e periferia ha trovato in
Phil Pritchett la spinta necessaria per continuare a rispolverare un suono legato alle radici.
Insomma si ruba, ma appassionatamente in
It’s Come to This, da un lato cerca e trova l’aggancio al rock classico effettato della slide, ma dipendente al massimo verso la potenza del roots texano alcolico, così la chitarra di Steve Gibbs procede ad andatura costante nel rutilante avvio di
I Still Feel The Same e
Dance Around The Fire, il ritmo tagliente, il respiro degli spazi elettrici, gli squarci cantautorali di
Donny Waits –le ballads elettriche di
Nightmares,
The Bottom e
The Unknown- rimangono impressi nella memoria, trova punti di riferimento nella malinconia della slide, declinante alla tristezza ma il tessuto sonoro di
It’s Come to This si sottrae ad ogni rischio di stucchevolezza premeditata in virtù di un lirismo autentico e suggestivo nella splendida
Coyote e lungo le strade del Texas di
County Road.
Il tono delle chitarre di
Pushin' Gears va di pari passo con quelli riflessivi di
This Side Of Trouble e dell’accorata bellezza acustica della
Title-track, tanto che
Donny Waits per smettere di rinfrangere quelle salutari onde elettriche ospitate lungo i binari di
It’s Come to This non può che salutare salendo a bordo del rovente
Black Train.