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Best Blues Player of 2010’ non tutto è girato nel verso giusto, sembrava caduto l’ultimo velo sul talento di un
Eric Gales precipitato nell’abisso della droga e rinchiuso in gattabuia, ma
Transformation mostra che c’è un nuovo velo da strappare ad una discografia (una decina di album, compilation comprese) dove le vampate del blues sono ancora percepibili, a volte quasi delle frustate per l’ascoltatore quando le chitarre prendono fuoco.
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I’m Innocent Man’ canta nella granitica apertura -7 minuti- di
Railroaded, un duetto con la legge che prosegue per l’intero disco, dopotutto, l’esperienza in prigione ha segnato il passaggio dalla droga alla sobrietà, da una vita complicata fatta di scelte errate e tragedie personali alla ricerca della luce, indicata dalla sua chitarra, fedele compagna anche in
Trasformation. Tra i demoni continua a distinguersi un talento sopraffino, quel mirabolante gioco sulle corde che cattura
Double Dippin',
Tortured Mind,
I Pity the Fool, un trio di fuoco (la batteria di Aaron Haggerty e il basso di Steve Evans) a spuntare un hard blues dove tempo e spazio si spezzano, si sovrappongono e si appiccicano uno sull’altro.
Antiche liturgie paludose in cui
Eric Gales ha trovato casa dal 2006, quando è diventato un autentico bluesman quello di
Sometimes Wrong Feels Right e
Sea of Bad Blood, ma indipendentemente da qualsiasi mascheramento, si continua a saggiare gli ondeggiamenti della chitarra tra
Altered Destiny,
I Wouldn't Treat A Dog That Way e la splendida
Transformation (“
How many times did I have to fail, until I told myself I can’t spend my life in jail”) sfasature all’interno di
Time Waits For No One e
Catchin Up With the Past dove si avverte la grana palpabile dell'hard rock (anche melodico nel caso di
Too Late To Cry) sempre a galla in
Trasformation.
Un disco che si presta a continui sovraccarichi chitarristici ma al contempo si carica di una nuova greve atmosfera, a simboleggiare il tentativo di armonizzare la natura umana e la rinascita di
Eric Gales attraverso la redenzione del blues.