Forse a trentuno anni suonati è arrivato il momento di
Dan Israel, il ragazzo di Minneapolis che nella sua carriera artistica non ha raccolto abbastanza in relazione a quanto ha seminato. Con
Love ain't a clichè il nostro è, ormai, giunto al quinto tentativo, e, senza ombra di dubbio, questo è il miglior disco inciso da Dan, il tipo di CD che ci saremmo aspettati da uno come Tom Petty, che, invece, ha di recente boccheggiato rock commerciale con
The last dj.
È opportuno tracciare una breve storia professionale di
Dan Israel. Il nostro iniziò la sua carriera verso il finire degli anni '80 in quel di Chicago con un duo chiamato One Town Horse, poi si trasferì ad Austin nel '92, dove formò i
Potter's Field con i quali incise l'ottimo ed
Esperanto. Con i
Potter's Field Dan realizzò altre due cassette e poi, nel '95; formò i
Cultivators. Tornato nel frattempo a Minneapois, nel '97, Israel esordì discograficamente con i Cultivators con
Before we met a cui seguì, nel '99, l'eccellente
Mama's Kitchen.
Dopo un intermezzo con due albums acustici,
Dan Who? del 2000, e "Cedar lake" dell'inizio di questo stesso anno, ecco Dan tornare in compagnia della sua band, i Cultivators, con
Love ain't clichè. Le influenze musicali di Israel sono chiare, diciamo Tom Petty, Wilco, Freedy Johnston ed Elvis Costello, ed, ancor di più, i
Jayhawks, band di cui Dan ha ripercorso le gesta, dando una continuità a quello che era stato il sound di Minneapolis e si identificava con i primi tre albums dei Jayhawks.
Love ain't a clichè è un signor disco di poproots, ci ricorda ampiamente il primo
Tom Petty, contiene tredici canzoni dalla struttura molto solida, si muove con armonie molto dense e passionali, il tipico "driven rock" all'Americana.
D'altronde, già dalle prime note di
Some time brano dalla ritmica e dai refrains spettacolari, con quell'organo sognante, si ha la voglia di guidare per miglia e miglia su una autostrada Americana, di lanciarsi in spazi infiniti, e questa è la sensazione che
Love ain't a clichè provoca nell'ascoltatore, il fatto di poter superare con questa musica ogni barriera ed ogni limitazione.
Friend in this town è il rock a cui Tom Petty ci aveva abituati e, che, ultimamente, ha dimenticato,
Jump through the rings è una ballata elettrica Acustica di rara bellezza,
Overloaded ha una melodia che entra direttamente nel cervello,
The knot è uno dei brani migliori del cd e l'acustica
Wasn't lost on me ha un qualcosa di magico di dylaniana memoria.