HUKE GREEN (Rustic Poet)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  29/08/2011
    

Nato a Channelview, tra i boschi che costeggiano il San Jacinto River, lì tra cielo e terra Huke Green ha inziato a comporre musica: “I started with poetry”, precisa Huke. “Then I was playing around with the guitar and realized songs are poems with music!” Anno 2007 le prime performance davanti al pubblico di Houston, predilige le ballate ma nel 2009 decide di allargare l’orizzonte folk formando i The Wayward Sons con cui ha inciso un ottimo live cd al Rudyard, sempre ad Houston (On The Wayward Path Live!).
Purtroppo non sono seguite poi molte repliche ed hanno deciso di concentrarsi sulle carriere soliste e al progetto alternativo, Front Porch Society. In Rustic Poet c’è molto di spirituale, la luce e l’oscurità si scambiano di continuo posto, la voce roca e profonda (ricorda Michael Dean Damron) ha il potere di struccare il giorno e rischiarare la notte, il risultato è una serie di ballate rootsy in compagnia delle sola chitarra o insieme alla band (Tommy Worley alla chitarra, Samuel Barker al basso e Kev Harrison alla batteria) pronte a dividersi visioni del passato, del presente e del futuro senza intervalli, “I’m an observer. I hardly write anything autobiographical. I don’t want to write the same old song and dance about love and whatnot. Where I live, in the old part of Channelview, there’s a crossroads that some folks dubbed “Four Corners” which has a corner store, some sort of fabrication shop, a Mom & Pop hardware store and some shady characters on the last.”
A quell’incrocio Huke Green trova una sorta di realtà che inserisce, sovrappone sin dalla suggestiva ballata iniziale di Backwoods, tende ad aggregarla nelle diverse sfaccettature melodiche e poetiche, splendido il roots di Bare Bone, nel dolce fluire dell’armonica scorrono speculazioni di tipo filosofico ma lasciando -tra le righe- spazio a riflessioni e indagini sociali bilanciate con cura tra la lap steel e il violino (Downtrodden Prayer, Devil's Shout, alle splendide Prayin' For Rain e Letter To A Son) e l’elettrico-acustico (deliziose Tracks e Next To Me, incantevole il gioco di banjo e armonica in Front Porch), tanto da creare un universo dove redenzione e peccato si fondono in modo straordinariamente fecondo.
Rustic Poet si muove su un territorio livido, perennemente coperto da nubi che non consentono spiragli fino alla conclusiva ballad di Peggy (“A Lady of the night looking beat to hell” dice Huke), ma seppur riecheggino i fantasmi di altri illustri songwriters, di Rustic Poet alla fine resta l’accattivante e genuina spontaneità di un talento che brilla anche da solista, Huke Green.