STEVE SEASICK (You Can’t Teach An Old Dog New Tricks)
Discografia border=Pelle

             

  Recensione del  28/08/2011
    

Nel 2006 Dog House Music, Steve Seasick –noto anche come assiduo produttore country/blues- continua a prendere spunto dal suo Labrador e dopo la parentesi per la Warner Bros (Man From Another Time, datato 2009) torna ad una produzione indipendente, You can’t Teach an Old Dog New Tricks, un quarto disco che sin dal titolo spiattella la cruda verità: la vita è breve -come la gioia del matrimonio- e la quotidianità tende a comprimersi, vale la pena salire faticosamente la scala sociale del potere senza concedersi qualche piacere umile, sognare qualche fuga?
Stringe la cigar box tra le mani, e continua a ribadire il concetto dalle prime note della ballad di Treasures (un uomo lavora per 25 anni, guardando speranzoso alla pensione e poi muore un mese dopo che l’ha ottenuta!), solo voce, violino e banjo, un canto funebre dove la malinconia di fondo di Steve Seasick non è compensata da un umorismo sorridente, ma il pessimismo della ragione e costantemente bilanciato dall’ottimismo del cuore e da un viscerale rock/delta blues, limpida la title-track, melmosa Burnin' Up, come un vecchio proverbio che risuona dal profondo dell’anima –canina per Steve Seasick- che lo mantiene vivo alle soglie del 40esimo anniversario di un’onesta carriera, e se non basta ci sono sempre gli amici ad indicargli la strada maestra.
Shut the fuck up. Just go out there and play. That’s why people like you; and when they stop liking you, you can go home and get a new job.” L’ispirazione per You can’t Teach an Old Dog New Tricks forse è arrivata quel giorno, benedetta a sentire gli strascicati riffs dello straripante splendore di Back In The Doghouse, Days Gone, le magnetiche Party e What A Way To Go o nella brillante Don't Know Why She Love Me But She Do (e di certo non sarà una di quelle donne che si crogiola cinicamente nella propria condizione ‘di arrivate’, abili solo a punzecchiarti più o meno amabilmente).
La saggezza blues Steve Seasick è capace di trovarla nella steel di Have Mercy On The Lonely, nel banjo di Underneath A Blue And Cloudless Sky e negli stralci alcolici della deliziosa Whiskey Ballad, nell’analizzare un mondo dove le differenze sociali la faranno anche da padrona –come d’altronde in passato- ma il whiskey è sempre una dolce via d’uscita. “Just sit around and play a little bit, and drink a little bit, and play a little bit, and drink a little bit. I’ll go. I turn the tape machine on” racconta Steve Seasick, impugna la chitarra e lascia andare malinconia e poesia nella splendida chiusura rootsy di It's A Long Long Way (tralasciando i 12 minuti della storiella vissuta a San Francisco alla fine degli anni ’70 di Unnamed, curiosa, ma è ferma alle sole parole).
Steve Seasick costruisce nel delta blues la materia calda e vibrante che permette a You can’t Teach an Old Dog New Tricks di sopravvivere al fallimento di una società legata al denaro, standosene radicato al proprio immaginario alcolico e strafottente.