Il sospetto che gli
Slobberbone non fossero semplicemente una delle tante comparse del pur generoso movimento alternativecountry è sempre esistito, ma ci è voluto un autentico rock'n'roll fan come Stephen King per svelare alla maggioranza il valore di
Brent Best e soci, citandoli in
La Casa del Buio con una delle loro migliori canzoni,
Gimme Back My Dog, contenuta nel precedente lavoro. Dettaglio in parte trascurabile direte voi, ma se altri scrittori americani (per esempio Larry Brown, uno dei nuovi talenti della letteratura sudista) hanno speso parole di elogio sia per l'energia sprigionata sia per le non comuni capacità di songwriting, un fondo di verità comincia ad affiorare.
A giudicare poi dal nuovo sforzo,
Slippage, si resta maggiormente convinti che di rock'n'roll band di questa pasta non ne nascono tutti i giorni. Spiazzante e coraggioso per chi li aveva conosciuti come una coriacea versione punk delle loro ruspanti country roots texane, il disco volta pagina senza scardinare per nulla le certezze del passato. Il loro segreto resta in fondo tutto racchiuso in questa semplice formula: dagli acerbi esordi con
Crow Pot Pie sempre uguali a se stessi, eppure sempre un passo avanti ad ogni uscita.
Slippage è intriso di una elettricità straripante, sprizza chitarre da tutti i pori, scalda le valvole degli amplificatori all'inverosimile e si presenta da subito come il prodotto più sferzante e compatto della loro breve carriera.
Qualcuno si dispiacerà di veder perse per strada le loro infuenze più rurali, quegli accenti rootsy che li legavano fortemente alla terra d'origine (i ragazzi provengono da Denton), ma la nuova produzione di
Don Smith (non uno qualunque, viste le collaborazioni con Tom Petty, Cracker e Rolling Stones) spinge l'acceleratore sull'anima più oltranzista e corrosiva della band. Sono scomparsi violini, banjo e mandolini, ma sono arrivate copiose dosi di piano ed organo (
Scott Danbom) ad aumentare il forte senso di epico che penetra le canzoni della band.Una autentica bomba rootsrock pronta ad esplodere sotto i vostri piedi, Slippage parte a mille con i riff granitici di
Springfield, Illinois e non molla la presa fino alla fine, quando le luci si spengono sulle note acustiche di
Back, ballata indolente ed unico momento di pace in un'orgia di rumore rock'n'roll.
Nel mezzo un drive serrato che ricorda tanto l'operazione intentata qualche anno fa dagli amici
Bottle Rockets nel loro
Brand New Day: la carica punk si fonde a meravilgia con schegge di sounthernrock, un sapiente ripescaggio di certo hardrock anni settanta e più in generale con un classico linguaggio mainstream. I risultati sono solo da sentire nella convulsa sfuriata di
Write Me Off e nella mirabile accoppiata
Sweetness That's Your Cue e
Down Town Again, nient'altro che magistrale american rock'n'roll come non sentivamo da tempo.
L'andamento scalcagnato di
Butchers e le atmosfere western di
Find the Out sono un ponte aperto col passato, mentre di traverso si infilano ballate dall'incedere solenne (
Live On In The Dark e
Sister Beams, quest'ultima con un inaspettato lavoro ai cori) e persino una fugace concessione allo star System con l'originale e vigorosa cover di
To Love Somebody (proprio quella dei Bee Gees), totalmente piegata al loro stile. Brent Best acquista sempre più sicurezza sia nella voce, che va a nozze sull'arsenale di chitarre creato ad arte da lui stesso e dal fido
Jess Barr, sia nei testi, che continuano ad indagare il lato oscuro della strada e le imcomprensioni dell'animo umano. Inseritelo senza remore tra i dischi più orgogliosamente rock dell'anno in corso.