Se felice era stata la scelta della band della Virginia, nell'omonimo disco d'esordio, di puntare su Luke Nutting e il suo inseparabile banjo capace di conquistare il proprio spazio installandosi nel luoghi e nel cuore del country e dell’american roots, altrettanto indovinata la decisione dei
6 Day Bender di lasciare le montagne, confinare in soffitta la ricca strumentazione acustica -ma sempre a portata di mano-, e ripiegare sul rock classico.
Con
E’Ville Fuzz i ragazzi di Charlottesville cercano di ripristinare l’equilibrio tra chitarre e malinconia ribelle anni ’70, non si può tornare a ripetere alla lettera il passato del rock ma Clayton Avent e Luke Nutting lo reinventano con schietta sincerità anche se l’atmosfera che si respira fin da
Tomorrow è asfittica e i tempi sembrano quasi accalcati su se stessi, rallentati (splendide
Good Girl Blues e
Black), ma accelerano fino ad evaporare in
Money,
Buddy e
Disgrace e senza esaurirsi in una catena casuale di nervose schitarrate.
Spingono anche in
Deliverance, nel ritmo incalzante della prima parte trovano tempi più dilatati, quasi sospesi in
Huxley e nell’intro della struggente bellezza di
Hold Your Heart, tali da consentire a
E’Ville Fuzz di conservare appieno fluidità, energia e potenza trovando solo da
Clover in poi le suggestioni roots dell’esordio, cello, banjo e armonica nella deliziosa
Miss Linda e nelle trascinanti
Factory Man e
Leaving Today, chiudendo con la dolce sferzata di
Out There una collezione di cartoline e fotografie della storia dei
6 Day Bender.