RYAN BOOTH & WHISKEY ROADSHOW (Whiskey Roadshow)
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  Recensione del  28/07/2011
    

Arrivano da Paris, Texas ovviamente, una cover band che al debutto oscilla come boe nel mare aperto della country music, alcolica e ruspante. La Whiskey Roadshow del vocalist Ryan Booth e delle plastiche chitarre di Coby Reese e James Seals, saggia sin da Get To Me la classicità del texas rock schietto e molto affezionato alla steel, sempre credibile nelle tappe nei barroom dove -se necessario- il piano e i violini sono pronti a dare supporto, come nella deliziosa fluidità alcolica di 32 Drinks e nei cambi di marcia di Tequila And Rain.
I Whiskey Roadshow sanno anche toccare gli strati profondi della pedal steel dando l’impressione di scivolare con leggerezza sulle superfici della malinconia elettro-acustica della conclusiva Northern e in quelle dove le atmosfere e i paesaggi assomigliano a periferie anonime, l’intensa accoppiata di West Way Down e Can't Hang On, anche se a volte non sanno resistere alla tentazione di sovraccaricare di metafore anche la melodia più leggera –la ballad, comunque dignitosa, di High And Dry.
Rispettano bene i canoni alcolici da dancehalls e le chitarre sono ben oliate a sentire l’effervescente simmetria di Mississippi Dreams e 82 West, oltre alla splendida Lonesome, Onry And Mean. Certo la voce decisa di Ryan Booth aiuta parecchio in queste selvagge scorribande texane (sulla stessa linea i ficcanti violini di un altro roots saltellante, Burning Road), e senza strappi Whiskey Roadshow riesce a volare senza vuoti d’aria nella rincorsa tra simboli texani e visioni etiliche.