Cantastorie di Houston, stesse coordinate geografiche di
Hayes Carll ma non solo quelle,
Greg Schroeder osserva e scava, scava e osserva il nostro mondo normale, dà l’impressione di non voler affondare mai, salvo poi accorgersi che il suo affettuoso realismo nasconde un doppio fondo: dalla scattante armonica della splendida
Tattoo A Heart al dolce piano dell’altrettanto splendida slow ballad,
Someone Elses Blues, la slide nel mezzo, con i suoi tempi falsati è lì a raccontare universi melodici diversi, come due bandiere piantate ai confini opposti dell’americana, servono ad aiutare l’ascoltatore a vederne le tante possibilità (e perché no, anche i limiti).
Schroeder sembra non preoccuparsi, senza ammorbidire troppo la slide, senza rinunciare a virate pop notturne, introspettive, fumose e alcoliche, la melodia entra in circolo sorretta dall’efficacia di una strumentazione varia per muoversi e indagare su atteggiamenti, modi e mode della vita quotidiana, riuscendo a restituire l’aria e tempi del songwriting texano.
Dopo un Ep e i primi passi nel mercato discografico, la svolta dopo tante notti e tanti concerti, “
I had spent about a year doing nothing after that first taste of the business. I worked at a record store and would come home and just. I decided to go back to open mic nights. People seemed to like what I was writing and I started feeling a more comfortable on stage and somewhere in between I figured out that I could live this life”, piano piano, ma da buon texano la strada l'ha trovata con la steel e la slide, ideali per intensificare i tratteggi malinconici di perle come
I'm Lovin’ You e specialmente
In Bloom, certo il pop non sempre lo aiuta (come in
This World Won't Break), ma tra le tante bolle di solitudine e ferite d’amore (
You Say,
Lullaby e
I'll Wait Greg) c’è spazio nel finale anche per uno spavaldo rock n’ roll da barroom,
Won't Do You Wrong. Tra le luci notturne di
Schroeder, calde e livide, qualche squarcio chitarristico diurno può far solo del bene.