JOHN-ALEX MASON (Jook Joint Thunderclap)
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  Recensione del  28/07/2011
    

Le visioni di John-Alex Mason continuano ad essere guidate da una brama insaziabile di esplorazione, il ‘one-man show’ di Town and Country del 2008 è ancora nell’aria e nei pensieri, lì su una sedia, chitarra in braccio, batteria ai piedi e il blues a volte irrequieto, di quello che non conosce riposo, lo stesso che apre Jook Joint Thunderclap con la splendida My Old Lonesome Home, ma nel cuore del delta mississippi stavolta compaiono novità e non solo per illustri partner (indiavolata l'armonica del vecchio amico Gerry Hundt).
John-Alex Mason dà la solita consistenza al quotidiano, aggirandone la banalità, ma stavolta agli affreschi blues umidi e marci come un seminterrato, affianca risvolti inusuali, una maggiore rappresentazione della contemporaineità dove poter trovare nuove spunti emozionali, ecco il rap degli eredi di R.L. Burniside (batteria a Cedric e microfono a Cody) a dare nuovi confini a Gone So Long, lungo i quali si nota l'estremo candore del violino e del mandolino nella ballad intensa di More Than Wind, e si fa strada in Jook Joint Thunderclap senza fatica, tagliando l’aria del blues nell’esperimento di Riding On con tre musicisti della Guinea al balofon e djembe (sorta di xilofono e tamburo) senza accantonare il rapper, indubbio il sapore, molto particolare, l’unico problema è che non si capisce dove finisca la voglia di spiazzare di Mason e dove comincino le incertezze.
Alle spalle a nasconderle il lavoro del chitarrista Lightnin’ Malcolm (bel debutto con Renegade) e il blues, quello flemmatico, incantevole nell’acustica conclusione di Whisper, paludoso in Rolled and Tumbled e Free, impastato di country nella deliziosa Diamond Rain a quello tradizionale e febbrile in Signifying Monkey e Write Me A Few Of Your Lines. Una ‘coerenza’ stilistica necessariamente incostante vive in Jook Joint Thunderclap, bisogna solo farsela piacere.