MICHAEL DEAN DAMRON (Plea From A Ghost)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  28/06/2011
    

Nuova casa discografica, la Suburban Home, stesso Michael Dean Damron tra cover (Zevon, Escovedo) e nuove storie capaci di convogliare ancora una volta le emozioni, rarità che vanno sempre premiate. In Plea From a Ghost ritroviamo i gravi problemi della quotidiana realtà statunitense analizzati attraverso racconti mai disgiunti da un fondo amaro, di vite selvagge e di gente innocente che torna a recitare nei suoi dischi, come la politica e le banche: “The number one enemies of every good American are the banks, Wall Street”, dice Damron. “They’d destroy this planet before they’d give an inch… they’re complete sociopaths, with no regard for life. You think Exxon gives a fuck about the planet? They’d burn the house down for another dollar.”
Messaggio chiaro come i tanti lamenti folk, ma stavolta non tagliati da fiammanti chitarre, a comandare sono le ballate elettro-acustiche e una voce profonda e pastosa, cuore pulsante fin dalla intensa Doll, donne sì, ma una storia senza un finale rosa confetto, il magnetico ‘cello scava una sorta di canto funebre per l’eterna giovinezza del ‘sogno americano’ che sfocia nella sinuosa Funeral Day. Plea From a Ghost è l’album che ci si poteva aspettare da Michael Dean Damron, e lui l’ha inciso tra le tante esibizioni in giro per gli States (c’è anche l’accoppiata intrigante con Shane Sweeney dei Two Cow Garage), roots&americana straripano da Dark, al saluto al suo cane in Lil' Mike (“L’il Mike is me… in the sense that I don’t have a biological child. He’s my son, he’s all that’s good in the world”).
Splendida Dirty Jeans (gran bel giro d’armonica di David Lipkind proprio come nel tenebroso bluesy di Devil Meets The Longhaired Weirdo –brano degli AntiSeen, punk rock band del North Carolina) e in ballatone dove l’umore si colora di pessimismo, distanziato però da un lucido gioco di rifrangenze ironico-tragiche come per le notevoli The Ghost And The Girl e Clean, al fooball americano di The Day Brian Piccolo Died -dei suoi Chicago Bears-, ma non quello di adesso, quello tra gli anni ’60 e ’70: “The players were different, looked different – too many players today have a kind of ‘thug life’ image.
In chiusura le due cover, Broken Bottle di Escovedo e soprattutto la meravigliosa Keep Me In Your Heart di Warren Zevon, perché Michael Dean Damron ha bisogno di una serie di luoghi di libertà incondizionata, palpitanti del respiro della poesia, e sono proprio luoghi del genere –ritagliati, per così dire, all’interno delle geografie del conflitto e del contrasto di Plea From A Ghost- a rendere il disco dannatamente affascinante.