OWEN TEMPLE (Mountain Home)
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  Recensione del  01/06/2011
    

Continua la ricerca e la maturazione artistica di Owen Temple, dopo aver girato parte dell’America per registrare l’ottimo Dollars and Dimes, con Mountain Home torna a parlare del Texas, di banditi, cowboys, mascalzoni e gente comune. Stilisticamente non conosce limiti, non ha paura di sporcare il country con il folk/americana, resta l’idea della strada non come scelta ma come necessità che pone chi la calca in uno stato di instabilità, l’ideale quando si vuol parlare di usi e costumi di piccole città e dei suoi abitanti, presi a volte individualmente, per analizzarne ombre e virtù mantenendo il piede nella realtà, e lo ha sempre fatto, come un vero Texas Troubadour.
Mountain Home is about the bizarre occurrences that take place in the small towns of Texas,” dice Owen. “I grew up in a town where people thought of big cities as scary. Writing these songs, I realized small towns can be dangerous too, sometimes even more dangerous than big cities. Texas is a microcosm of the whole US. By focusing on small incidents, you can get to some of the larger truths.”
La melodia si coaugula sin dalla splendida title-track e presenta una squadra di ottimi musicisti (Gabriel Rhodes, chitarre acustiche e banjo, il gran lavora alla pedal steel di Tommy Spurlock e il contributo vocale della brava Jamie Wilson) vitali per dispianare una lunga serie di tenere e intense story-ballads che non hanno centro proprio come non ha centro la vita di ognuna di loro: da quest’uomo ‘bloccato’ ad Huntsville per 20 anni con un unico desiderio, quello di tornare a casa, al fascino di Desdemona dove regna la disperazione, di una città fantasma ai nostri tempi in stretta sintonia alla donna che le ha dato il nome. Una serie di paesaggi limpidamente mitici su cui è possibile narrare la storia del conquistatore spagnolo Cabeza de Vaca nella brillante Medicine Man (al piano Bukka Allen), scritta con Gordy Quist (ma in Mountain Home ci sono altre firme illustri, da Adam Carroll a Scott Nolan) e recentemente incisa per il nuovo disco della The Band of Heathens, una delle poche luci di Top Hat Crown & The Clapmaster's Son.
La voce di Owen Temple fluttua nei tempi di Mountain Home con la solita cadenza parlata nelle piacevoli Small Town e Danger And Good Times (pregevole l’apporto di Carroll all’armonica), tra amore e nevrosi in Fall In Love Every Night, tra visioni e bisogni d’intraprendere strade diverse, solitarie e lontane nella limpida bellezza di Jacksboro Highway.
La storia del Texas occupa anche il finale, tra verità e finzione nella lettera a Sam Houston nello spirito agreste di Old Sam e nella conclusiva e incantevole One Day Closer to Rain, a disegnare quadri di vita texana con fisa, chitarre e quell’aria di confine legata alle tradizioni cantautorali che lo portano a scegliere Prince of Peace di Leon Russell: “I wanted to do a Leon Russell song for sometime now. I have always loved his work. This particular song of unexplained magic or mystery fit perfectly for this record, tying everything together fairly well.” Un brano fiammeggiante, arde di bellezza, del mistero, della poesia. Ha ragione Owen Temple, è perfetta per Mountain Home.