JEREMY HALLIBURTON (Whiskey & Lies)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  01/06/2011
    

Since I had worked at KCTI as well as the station in Victoria, I had spent a lot of time around artists and radio people. I think that kind of soaked in, and I continued to work on my songwriting”, l’approccio meditativo del deejay radiofonico Jeremy Halliburton al disco d’esordio non poteva che rispecchiare l’eterogeneità della texas music. Un passo semplice da fare quando si hanno gli amici giusti al RiverTone Studios (al suono Mark Jungers, dietro al mix Keith Davis e con la produzione ad Austin Gilliam) ma c’è voluto un quarto songwriter texano a spingerlo nella giusta direzione, ovvero Jarrod Birmingham: “Jarrod gave me the courage to pursue the development of my song craft and get out and play in front of people,” dice Halliburton. “Next thing you know, I’m out there playing live gigs.”
Bella voce calda, adatta ad una lunga serie di sermoni filosofici da barroom, immersi nell’alcohol e conditi da dosi massicce di humor. Per il suono di Whiskey & Lies, Jeremy Halliburton àncora le melodie al texas rock, honky tonks e country ruspante per poi aprirle su un mondo di loosers, ostinandosi a dargli un senso e a cercare di sollevare questi uomini il cui rispettivo potere maschile risulta problematicamente incrinato, in un mondo che lo assegna e lo conferma soltanto sulla base della capacità di procurarsi il denaro necessario, meglio se attraverso un’occupazione ‘rispettabile’. Splendido l’avvio con Here I Come, il piano accompagna l’entrata della voce di Jeremy, la malinconia sembra reggersi su un equilibrio assai fragile, ed infatti lo squarcio elettrico di Gilliam alla chitarra incombe permettendo al brano di decollare e cambiare ritmo (la forza dell’accattivante She Won't Go Down), di alzare il tasso etilico in Whiskey & Lies –title track compresa- un bel rockaccio immerso nel country, ma contrariamente a quanto potrebbero far supporre il contenuto di alcohol nel sangue, permangono stati di immobilità contemplativa.
Sembra vederselo Jeremy Halliburton appoggiato a un muro o con le braccia sul bancone, allungate ad afferrare una birra, mentre comanda l’intensa ballatona di California Cool o nella meravigliosa incursione ‘border’ di Fast As a Maserati, o mentre lascia andare quelle bottiglie per sostituirle con la filosofia nel roots-bluegrass di Lookin' for Religion (bel lavoro di Wes Green al mandolino) rincarando il tutto nella veduta ‘political-religiosa’ della spassosa e godibilissima Tie Dyed Hippie. Ritratti anche molto appariscenti di una società in cui strisciano ballate elettriche di americana e rockabilly, Jaded Lady e Come & Go Woman, chiudendo con la preghiera gospel di How Will I Know, Lord?
Tutto il disco funziona, come in un sistema di vasi comunicanti, Jeremy Halliburton lascia filtrare la malinconia e l’alcohol nei vari interstizi di Whiskey & Lies, contagiando e contaminando tutte e 10 le canzoni. E non solo.